lunedì 6 dicembre 2010

LA SCOMPARSA DELLA GRANDE INDUSTRIA IN ITALIA

(E A TORINO IN PARTICOLARE)

Il convegno organizzato da Labouratorio Buozzi a Torino sabato 27 novembre ha avuto, per quantità di partecipanti e qualità degli interventi, un carattere quasi seminariale di notevole interesse.
I tre relatori (Brunazzi, Revelli e Renzi) introdotti da un intervento ampio e incisivo di Allamano, hanno richiamato il dato storico costituito dalla scomparsa, negli ultimi trenta/quarant’anni, della grande industria in Italia.
I primi due interventi hanno sottolineato le fasi storiche di tale fenomeno, del resto lucidamente già descritto da Luciano Gallino in suo saggio del 2003 e anticipato da un breve saggio altrettanto anticipatorio di Giuseppe Berta del 1997.
Renzi ha invece analizzato la vicenda storica della Olivetti, anzi, l”olivetticidio”, come lo ha argutamente definito quale caso emblematico del catastrofico abbandono di una industria decisiva per la modernizzazione e la competitività dell’industria italiana sulla scena internazionale.
Tutti i relatori hanno convenuto che a determinare tale catastrofe economica, sociale e culturale, in realtà a lungo minimizzata e mistificata nell’informazione pubblica corrente, hanno contribuito vari fattori. Alcuni oggettivi, in quanto scaturiti dalle mutate condizioni
dell’organizzazione del lavoro a livello mondiale, della struttura dei mercati, delle formidabili innovazioni tecnologiche, dal ruolo egemonico assunto dal capitalismo finanziario rispetto a quello produttivo; altri soggettivi, dipendenti da un deficit di cultura industriale dei tre principali attori del processo economico, e cioè gli industriali stessi, i sindacati e la classe politica nel suo
insieme, tanto di governo che di opposizione, quale si è avvicendata nelle diverse espressioni partitiche nel corso del trentennio trascorso.
In particolare, fondamentale è risultata l’assenza di una visione strategica del ruolo di alcuni settori industriali decisivi (informatica, elettronica, chimica, energetica, farmaceutica, aviazione civile) nel determinare la modernizzazione economica del sistema paese e non per caso scomparsi dalla scena produttiva o comunque drasticamente ridimensionati o frammentati in funzioni subalterne.
A ciò ha potentemente contribuito l’affermarsi di quel “pensiero unico” neo e ultra-liberale, dogmaticamente monetarista, che ha pesantemente contaminato e contagiato in tutta Europa anche gran parte dei partiti, degli esponenti politici, sindacali e intellettuali tradizionalmente ascrivibili alle tradizioni socialiste e socialdemocratiche.

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