lunedì 16 ottobre 2017

Mobilità, sicurezza, ambiente e cultura: Milano e San Paolo rafforzano gli ambiti della collaborazione

Si è svolto a Palazzo Marino l’incontro tra i rappresentanti delle due Amministrazioni, per ribadire l’impegno preso nel 1961.
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Milano, 13 ottobre 2017 – Mobilità, sicurezza, ambiente e cultura. Sono questi gli ambiti su cui le città di Milano e di San Paolo si sono impegnate a lavorare insieme, in vista di un futuro accordo di collaborazione, per dare forma sempre più concreta al gemellaggio che le vede unite dal 1961.
Per quanto differenti nelle dimensioni, infatti, Milano e San Paolo sono città innovative, dinamiche e attrattive, un punto di riferimento sia per le rispettive aree metropolitane sia per i rispettivi Paesi, l’Italia e il Brasile.
I rappresentanti delle due Amministrazioni si sono incontrati questa mattina a Palazzo Marino, dove hanno discusso delle sfide che entrambe le città sono chiamate ad affrontare e della possibilità di condividere soluzioni pratiche a problemi comuni: dall’efficienza del sistema di raccolta dei rifiuti milanese che la città brasiliana considera un modello da replicare all’azione coordinata sul fronte della sicurezza.
L’incontro di oggi segna dunque un nuovo passo avanti nella storia delle relazioni tra il capoluogo lombardo e la città brasiliana.

mercoledì 11 ottobre 2017

La Catalogna di fronte all'Europa




Rajoy chiede chiarimenti, Psoe accusa Puigdemont



Non è piaciuta a nessuno la dichiarazione d’indipendenza a ‘metà’ del presidente Puigdemont, non ha soddisfatto gli indipendentisti così come non è stata gradita da Madrid. Dopo il discorso ddi Barcellona, ora a rispondere è il premier Mariano Rajoy che chiede chiarimenti a Carles Puigdemont sulla dichiarazione (o meno) dell’indipendenza della Catalogna.
“Il Consiglio dei ministri ha concordato di chiedere formalmente alla Generalitat di confermare se ha dichiarato l’indipendenza della Catalogna”, è questo il comunicato che arriva alla fine dei lavori del consiglio dei Ministri straordinario convocato mercoledì mattina sulla crisi catalana, il giorno dopo l’atteso discorso del presidente catalano.
In seguito si valuterà come procedere, compreso il ricorso all’articolo 155 della Costituzione, che prevede la sospensione dell’autonomia di una regione e di cui “la richiesta di chiarezza” è il primo passo formale. L’articolo 155 non specifica infatti quali ‘poteri speciali’ possano essere esercitati dal governo spagnolo, che sembra così essere autorizzato a mettere in campo qualunque strumento per porre rimedio alla questione e obbligare la Catalogna “all’adempimento forzato” degli “obblighi imposti dalla Costituzione o dalle altre leggi”.
Attraverso questo specifico articolo della Costituzione, infatti, Rajoy e il suo governo potrebbero, almeno in teoria e previa autorizzazione del Senato, adottare provvedimenti che spazierebbero dalla diminuzione dei poteri ai membri del Parlamento catalano alla sostituzione del presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont, con un rappresentante nominato dall’esecutivo iberico, fino alla convocazione di nuove elezioni e, addirittura e nel peggiore fra gli scenari possibili, allo scioglimento del Parlamento.
E mentre il leader di Ciudadanos, Albert Rivera, si sta orientando verso la possibile attuazione dell’articolo 155 della Costituzione, che di fatto commissaria la Catalogna, il PSOE accusa Puigdemont di aver abusato della buona fede di chi ha chiesto la mediazione e appoggia pienamente il Governo presieduto da Rajoy. Il primo ministro spagnolo si è incontrato nella notte con il leader del partito socialista Pedro Sanchez che ha ha fatto sapere che il Psoe, il principale partito di opposizione, appoggerà “le misure costituzionali” che prenderà il premier Mariano Rajoy nella crisi catalana se a risposta del presidente Carles Puigdemont al suo ultimatum sarà negativa e dichiarerà quindi ufficialmente l’indipendenza della Catalogna.

lunedì 9 ottobre 2017

Perché la Catalogna se ne vuole andare


NOTA di Giancarlo Pagliarini RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO
Buongiorno.

Questa settimana sarà cruciale per Catalogna e Spagna.

Il primo di Ottobre ho partecipato al referendum della Catalogna come “osservatore internazionale” . Nella circostanza ho avuto anche modo di discutere con membri del loro Parlamento, sia di maggioranza, che di opposizione, ed ho avuto la conferma che il momento d’inizio di tutto quello che sta succedendo in questi giorni  è il 28 giugno 2010.

In breve:

*        Dal 1978 esistono in Spagna 17 Comunità autonome. Sono previste dal Titolo VIII della Costituzione del 1978, con la quale era stato disegnato un ordinamento di tipo regionale dopo il  centralismo del periodo della dittatura franchista.         

*        Nel 1979, quattro anni dopo la morte di Franco, era stato approvato anche  lo Statuto della Catalogna

*        Per poco meno di 30 anni, dal 1979 al 2006,  in Catalogna si è lavorato  per migliorare quel testo. Nel 2006 il Parlamento Catalano , con il voto favorevole di 120 membri su 135, aveva presentato il testo di un nuovo Statuto al governo di Madrid.

*        Le due Camere del Parlamento Spagnolo lo avevano esaminato, emendato e approvato. Mariano Rajoy era all’opposizione

*        Dopo l’approvazione di Madrid il 18 Giugno 2006 quel testo era stato approvato con referendum dal popolo Catalano. I voti favorevoli erano stati del 73,9%, e il re lo aveva firmato.

*        Tutto a posto? Purtroppo no: Mariano Rajoy va al governo, vengono raccolte delle firme e il 28 Giugno 2010 la corte costituzionale riscrive 14 articoli e cambia l’interpretazione di altri 27  articoli di quello  Statuto che era stato approvato quattro anni prima dal Parlamento Spagnolo

*        Se la corte costituzionale non avesse disatteso, dopo quattro anni, la decisione del Parlamento Spagnolo adesso la situazione sarebbe diversa. Jacopo Rosatelli ha scritto sul Manifesto dell’8 Ottobre che  “la separazione dal resto della Spagna era un’opzione difesa da settori ultra-minoritari”. La sentenza della corte costituzionale del 28 Giugno 2010 ha quadruplicato il numero dei secessionisti e gli interventi e le botte dispensate dalla  Guardia Civile l’1 Ottobre hanno fatto crescere il loro numero al 70-80%  stimato in questi giorni. Per la cronaca, tutti i “secessionisti” con cui ho discusso non mi hanno parlato di tasse o di economia: la parola più ripetuta era “dignità”.

 

Le allego  un articolo che ho appena pubblicato su questo argomento.

 

Con viva cordialità





Perché la Catalogna se ne vuole
andare
Ecco la lunga storia del rapporto tormentato tra
Barcellona e Madrid, tra richieste di autodeterminazione
e protervia centralista. Fino alla data chiave del 28
giugno 2010, quando la Corte Costituzionale annulla
anche lo Statuto di Autonomia. È lo strappo finale, e
l'esito ultimo è il referendum...
di Giancarlo Pagliarini

In questi giorni la Catalonia è sulle prime pagine di tutti i giornali. Domenica 1 Ottobre in Catalonia
è stata scritta una importantissima pagina di storia. Vediamo come si è arrivati al referendum,
anche perché non tutti sanno che “è tutta colpa del 28 Giugno 2010”.
1) Nel 1931 era stata proclamata la Repubblica Catalana all’interno della Federazione iberica. Lo
ricordo perché mi da molto fastidio leggere che i Catalani adesso vogliono la secessione perché sono
ricchi e non vogliono mantenere i territori più poveri. È una sciocchezza.
2) Quella autoproclamazione preoccupò il governo provvisorio della nuova Seconda Repubblica
Spagnola. Quei signori erano meno (autocensura) di Mariano Rajoy e del re Filippo VI e
mandarono a Barcellona tre ministri con il compito di trovare una mediazione. Fu così che nacque la
Generalitat de Catalunya, dotata forme di autonomia
3) Ometto il resto. Conclusa la Guerra civile spagnola nel 1939, la dittatura militare abrogò le
istituzioni catalane, più di 200 mila andarono in esilio, il Presidente della Catalonia Lluis Companys
venne giustiziato, venne perfino vietato l’uso della lingua catalana eccetera eccetera. In pratica
da quel momento in Catalonia dovevi avere il permesso di Madrid anche per respirare.
4) Nel Dicembre 1978 si approva la nuova Costituzione e il regime franchista si converte in una
monarchia parlamentare. Silvia Ragusa scrive su Linkiesta del 2 Ottobre 2017: “… il primo ottobre
non ha a che fare solo con un referendum per l’indipendenza: la Catalogna si ribella contro un partito
popolare che in quegli anni agglutinava ex dirigenti franchisti,…. In quarant’anni di democrazia,
nessun politico, né del partito popolare, né del partito socialista, si è mai interrogato su alcune
questioni chiave per la democrazia spagnola: indire un referendum che tasti il polso delle
preferenze attuali tra una monarchia o una repubblica; abbattere el Valle de los Caídos, dove ancora
oggi giace preservato il dittatore….”
5) Lo Statuto di autonomia della Catalonia è del 1979. Ma non piace ai Catalani, non è rispettato
dallo stato centrale e non identifica le caratteristiche e la diversità della Catalonia all’interno
di una Spagna pluralistica
6) Elezioni del 2003: l’88% degli eletti nel parlamento della Catalonia sono a favore di un nuovo
Perché la Catalogna se ne vuole andare - L'intraprendente | L'intraprendente 06/10/17, 21)27
http://www.lintraprendente.it/2017/10/perche-la-catalogna-se-ne-vuole-andare/ Pagina 2 di 3
Statuto di autonomia che sostituisca quello del 1979. Zapatero si impegna a supportare il nuovo
Statuto che la Catalonia dovrà presentare al Parlamento di Madrid per la sua approvazione.
7) Settembre 2005. Il parlamento Catalano approva il nuovo Statuto di autonomia con 120 voti a
favore su 135 e lo presenta a Madrid. Le leggi che tanto piacciono a Mariano Rajoy e al re prevedono 1)
che il documento deve essere approvato dal parlamento di Madrid e 2) che dopo dovrà essere
approvato dai cittadini catalani con un referendum
8) Maggio 2006. Le due camere del Parlamento spagnolo approvano il nuovo Statuto di autonomia
della Catalonia, dopo averlo significativamente modificato, riducendo le libertà e la dignità della
Catalonia.
9) Giugno 2006. In Catalonia Zapatero viene criticato per non aver mantenuto le promesse
fatte nel 2003 (vedi il precedente punto 6). Il testo emendato uscito dal Parlamento di Madrid viene
comunque approvato dai cittadini col referendum del 18 Giugno 2006. Il re firma il testo che diventa
una legge ufficiale dello stato spagnolo. In quel testo la Catalonia è riconosciuta come una
“nazione” all’interno dello stato spagnolo.
10) Tutto a posto dunque? Nemmeno per sogno, perché dopo quattro anni, il 28 Giugno 2010, la
corte costituzionale, con una maggioranza di 6 membri contro 4, riscrive 14 articoli dello Statuto
di autonomia (approvato 4 anni prima dal Parlamento di Madrid ed approvato dai cittadini con
referendum!) e reinterpreta altri 27 articoli. La parola “nazione” viene cancellata. Quello che sta
succedendo in questi giorni è stato deciso da 10 signori seduti in una stanza con le porte
chiuse: incredibile! Questo perché Mariano Rajoy (a mio modesto giudizio in pieno accordo col re)
aveva cominciato subito, nel 2006, a raccogliere firme e a lavorare perché lo Statuto di Autonomia
approvato dal parlamento di Madrid fosse “assassinato”. Ci è riuscito. Ed è riuscito anche a
quadruplicare il numero degli indipendentisti Catalani.
11) Alla “Diada” dell’11 Settembre 2012 più di 1,5 milioni di cittadini protesta contro la decisione dei
dieci giudici della corte costituzionale. Come reazione alla assurda decisione di “uccidere” lo Statuto di
Autonomia si grida che la Catalonia sarà un prossimo stato membro dell’Unione Europea. Il
governo di Madrid e il re non fanno una piega, continuano a non capire niente dei Catalani.
12) Novembre 2012. Elezioni in Catalonia. 107 membri del Parlamento su 135 , a questo punto ,
anche sulla base del comportamento di Madrid, sono a favore di un referendum per l’indipendenza.
13) Marzo 2013. Il Parlamento Catalano chiede al Presidente Artur Mas di negoziare col governo di
Madrid lo svolgimento di un referendum per l’autodeterminazione della Catalonia. Il re non parla (e
in Catalonia cominciano a chiamarlo il “desaparecido”) e da Madrid arrivano solo dei no
14) Diada dell’11 Settembre 2013: una catena umana di 400 km dal nord al sud della Catalonia chiede
l’indipendenza. Da Madrid niente.
15) Gennaio 2014. Il Parlamento della Catalonia chiede formalmente al governo di Madrid di
trasferire a Barcellona i poteri necessari per organizzare un referendum sulla indipendenza, come
Westminster aveva appena fatto con la Scozia. Questa richiesta formale è stata ormai avanzata
18 volte. Diciotto!
16) Diada dell’11 Settembre 2014. È la Diada numero 300. Tutto era cominciato nel 1714. I discorsi
ufficiali si fanno alle 17 e 14 del pomeriggio. Alla Diada partecipano 1,8 milioni di cittadini. Di tutta
Europa. Con i colori giallo e rosso della magliette si forma a Barcellona una enorme V , che sta per
VOTO“. Il vertice è nella nuova piazza de las Glories e le due gambe sono lungo la Diagonal e lungo
la Gran Via. Da Madrid sempre niente.
17) 19 Settembre 2014. A differenza di Londra Madrid continua a non dare il permesso. Assurdo! E
allora il Parlamento Catalano decide di “consultare i cittadini”. Il 27 Settembre il Presidente Artur
Mas firma il decreto per la consultazione, che avverrà il 9 Novembre
18) 29 Settembre 2014: solo due giorni dopo la firma, ecco che la corte costituzionale interviene e
sospende temporaneamente anche la consultazione popolare decisa dal Parlamento
Catalano
19) 4 Ottobre 2014. 920 sindaci, su un totale di 947, vanno a Barcellona e chiedono di effettuare la
“consultazione popolare” fissata per il 9 Novembre
20) 14 Ottobre 2014. La corte costituzionale sospende temporaneamente la “consultazione popolare”?
Va bene, nessun problema, scatta il piano B. Invece di chiamarla “consultazione popolare” si decide di
chiamarla ” partecipazione dei cittadini alle decisioni” , una procedura prevista dallo Statuto di
Autonomia , quello decapitato dalla corte costituzionale il 28 Giugno 2010.
21) 4 Novembre 2014. Naturalmente la corte costituzionale sospende anche il referendum per la
“partecipazione dei cittadini alle decisioni”. Ma di cosa hanno paura? Perché continuano a impedire
ai cittadini di dire come la pensano?
22) La corte continua a bloccare tutto? Ma a Madrid non sanno di che pasta sono fatti i Catalani. In
tempo reale ecco che molte organizzazioni non governativo (NGO: non governamental
organizations) saltano fuori e sono loro che organizzano il referendum
23) 9 Novembre 2014. Si svolge il referendum . Votano più di 2,3 milioni di cittadini, con questi
risultati: 80,76% vuole l’indipendenza. 4,54% non vuole cambiare niente. 10,07% vuole cambiare
ma non necessariamente con un processo di indipendenza. Il resto sono schede nulle
24) 12 Novembre 2014. Questa volta Madrid non sta zitta. Rajoy dice che quello del 9 Novembre non
era stato un voto democratico ma un atto di propaganda politica. Avevano votato in 2,3 milioni ma
questa non sembra sia una informazione importante.
Perché la Catalogna se ne vuole andare - L'intraprendente | L'intraprendente 06/10/17, 21)27
http://www.lintraprendente.it/2017/10/perche-la-catalogna-se-ne-vuole-andare/ Pagina 3 di 3
25) 21 Novembre 2014. Lo stato spagnolo incrimina
il Presidente Mas , due dei suoi ministri e alcuni
funzionari perché non hanno bloccato il referendum e per
altri delitti.
26) 27 Settembre 2015. Si decide di fare nuove elezioni in
Catalonia. I partiti che dichiarano di volere
l’indipendenza prendono il 47,8% dei voti, e il 13,1% va a
partiti a favore del principio di “autodeterminazione”. In
totale 60,9%. Gli “unionisti” con Madrid raccolgono il
39,1%
27) Marzo 2017. L’ex Presidente Artur Mas viene
formalmente condannato per il referendum del 9
Novembre 2014. Sono in corso altri 400 processi per gli
stessi “delitti” : voler far votare i cittadini e cose
del genere.
28) 22 Maggio 2017. Il Governo della Catalonia ( il
Presidente Puigdemont, il vice Presidente Junqueras e il
ministro degli esteri Romeva) va ancora formalmente a
Madrid a chiedere di poter far parlare i cittadini. Di
poterli fare votare. Nel giro di 24 ore Rajoy risponde che
non ci sarà nessun referendum.
29) 9 Giugno 2017. A questo punto Carles Puigdemont, che è il Presidente della Catalonia dal 10
Gennaio 2016 , annuncia che i cittadini Catalani devono poter votare. Si svolgerà un Referendum e la
domanda sarà “Vuoi che la Catalonia diventi una Repubblica indipendente?
30) Il Parlamento della Catalonia approva la legge sul referendum del 1 Ottobre 2017. È la legge
numero 19/2017. Sono 34 articoli. L’articolo 1 fa riferimento ai diritti civili e politici, economici,
sociali e culturali approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 19 Dicembre
1966. L’articolo 4 prevede (comma 4) che, se vinceranno i “SI” “dins els dos dies següents a la
proclamació dels resultats oficials per la Sindicatura Electoral, celebrarà una sessió ordinària per
efectuar la declaració formal de la independència de Catalunya, concretar els seus efectes i iniciar el
procés constituent”. Il comma 5 invece prevede nuove elezioni se vinceranno i “NO”. Sappiamo che
hanno stravinto i “SI” e quindi probabilmente lunedì il Parlamento proclamerà formalmente
l’indipendenza della Catalonia. Vedremo cosa succederà, senza dimenticare la (assurda!) sentenza
della corte costituzionale del 28 Giugno 2010