lunedì 31 maggio 2010

I detenuti del carcere Bollate riciclano i rifiuti elettronici

Scontare una pena in carcere non significa per forza di cose stare rinchiusi in una cella piccola e stretta. A Bollate, infatti, una quarantina di detenuti o ex detenuti, entro 18/24 mesi, avranno una possibilità di riscatto in più. E' quella prevista dal progetto "Raee" (acronimo di rifiuti apparecchiature ed elettroniche) presentato questa mattina dall'assessore regionale all'Ambiente, Energia e Reti, Marcello Raimondi che, su delega del presidente Roberto Formigoni, ha illustrato i contenuti del Protocollo d'Intesa sottoscritto con il Provveditorato regionale dell'Amministrazione Penitenziaria e l'Amsa. Erano presenti anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti, il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, il provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria, Luigi Pagano e il presidente Amsa, Sergio Galimberti.In pratica, Regione Lombardia finanzia con 2 milioni di euro la realizzazione del capannone dove i detenuti (a regime saranno circa 120) avranno la possibilità di lavorare al recupero di tali apparecchiature. L'Amsa da parte sua finanzia il progetto con 800mila euro e si occuperà della gestione delle parti "importanti" recuperate e dell'attività di formazione.
"Finanziamo questo progetto - ha detto Raimondi - riconoscendone la funzione sociale e ambientale che lo caratterizza. Regione Lombardia, che tra l'altro ha una propria legge a favore del reinserimento lavorativo, riconosce la preziosità dell'attività che svolgeranno queste persone". L'Unione europea prevede uno smaltimento annuo pro capite di tali rifiuti di circa 4 kg, numeri che saranno raggiunti più facilmente anche grazie a questo intervento. "E' il primo caso in Italia - ha sottolineato Raimondi - e forse anche in Europa e per questo ne siamo ancora più orgogliosi. Inoltre questo è un trattamento che richiede competenze non indifferenti, chi le acquisirà sarà, dunque anche facilitato nel trovare un impiego una volta scontata la pena".
I rifiuti elettronici derivano dalla dismissione di attrezzature di comune uso, sia in ambito domestico che professionale, come personal computer, cellulari ed elettrodomestici che, se non opportunamente trattati, possono essere molto pericolosi per l´ambiente a causa delle sostanze che contengono, quali mercurio e piombo. Gli stessi rifiuti sono invece composti anche da materiali preziosi - quali ad esempio argento, oro, rame, nichel e platino - che costituiscono una risorsa se recuperati.L'iniziativa intende favorire un'alternativa più efficace, più economica e socialmente utile come integrazione ai tradizionali metodi di raccolta. L'esperienza di Bollate servirà, inoltre, a valutare l'opportunità di estendere l'attività di agevolazione della raccolta e recupero ad ulteriori tipi di rifiuti, nonché la possibilità di replicarne l'efficacia in altri istituiti penitenziari della Lombardia. "Questa esperienza progettuale - ha concluso Raimondi - rappresenta dunque un'importante opportunità di reinserimento sociale, coniugata a un'occasione concreta di tutela dell'ambiente nel rispetto delle logiche di welfare sociale della politica regionale lombarda, e conferma il primato della Lombardia come Regione più 'riciclona' in Italia".
(Lombardia Notizie 31 maggio 2010 Ln - Milano))

martedì 25 maggio 2010

A Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni attribuzione, a titolo non oneroso parte del demanio pubblico


Il federalismo demaniale ridisegna la mappa del territorio


Il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 20 maggio 2010, ha approvato (su proposta dei Ministri Tremonti, Bossi, Calderoli, Fitto e Ronchi)

Il Governo raggiunge un'altra tappa verso il federalismo:il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 20 maggio 2010, ha approvato il primo decreto legislativo di attuazione della legge sul federalismo fiscale.
Il decreto, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, individua e attribuisce, a titolo non oneroso, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni parte del demanio pubblico. Divieto di alienazione per gli enti locali con le finanze in dissesto.

lunedì 10 maggio 2010

« Pro-memoria per i nuovi assessori-ministri regionali dell' Istruzione»


IUniScuoLa:«IL Ministero della Pubblica Istruzione,gli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali e le Direzioni degli Istituti Scolastici non possono continuare a ignorare le legittime aspettative dei diversamente abili»

Dossier del 7 maggio 2010

Criteri e modalità per la ripartizione delle disponibilità del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili
È stato pubblicato nella GU n. 104 del 6 maggio 2010 il decreto che definisce i criteri e le modalità per la ripartizione fra le regioni e le province autonome delle disponibilità del “Fondo per il diritto al lavoro dei disabili”, istituito dall'art. 13, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
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Documenti
DECRETO 4 febbraio 2010
Criteri e modalità per la ripartizione delle disponibilità del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili. (10A05184)
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Legge 3 marzo 2009, n. 18
"Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita', con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilita"
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Legge 9 gennaio 2004, n. 4
"Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2004
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Diritto al lavoro dei disabili, prospetto informativo
Entro il 31 gennaio 2009 i datori di lavoro pubblici e privati che occupano almeno quindici dipendenti, soggetti alle norme sul collocamento dei disabili, devono inviare, obbligatoriamente in via telematica, un prospetto informativo riguardo alla loro situazione occupazionale, con dati aggiornati al 31 dicembre dell’anno precedente.
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Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità
Il 3 dicembre si celebra la “Giornata internazionale delle persone con disabilità”, che ha lo scopo di promuovere la diffusione dei temi della disabilità, di mobilitare il maggior sostegno possibile per la dignità, i diritti e il benessere delle persone disabili, e di accrescere la consapevolezza dei vantaggi che possono derivare dall’integrazione delle disabilità in ogni aspetto della vita sociale, come stabilito dal “Programma di azione mondiale per le persone disabili”, adottato nel 1982 dall’Assemblea generale dell’ONU.
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Trasporto aereo, diritti dei passeggeri disabili
Le persone disabili o con mobilità ridotta devono poter viaggiare in aereo usufruendo, come tutti gli altri cittadini, dei diritti alla libera circolazione, alla libertà di scelta e alla non discriminazione. Questo il principio cui si ispira il Regolamento (CE) n. 1107/2006, relativo ai diritti dei disabili nel trasporto aereo, per la cui violazione il decreto legislativo 24/2009, in vigore dall’8 aprile 2009, prevede una specifica disciplina sanzionatoria.
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Agevolazioni fiscali per i disabili
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una Guida alle agevolazioni fiscali per i disabili.
In base all’attuale normativa, le principale agevolazioni riguardano:
Figli a carico
Veicoli
Sussidi tecnici e informatici
Spese sanitarie
Assistenza personale
Abbattimento barriere architettoniche
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Fonte
Governo Italiano - Presidenza del consiglo dei Ministri

sabato 1 maggio 2010

.La Lombardia è pronta per una nuova legge sull’autonomia

DIBATTITO SCUOLA/di Eugenio Gotti Link Il sussidiario

Rispondo volentieri alle domande poste nell’ultimo intervento da Marco Campione, il quale però mi attribuisce meriti che con tutta evidenza non ho e non potrei avere. Le politiche scolastiche di Regione Lombardia sono merito e responsabilità della Regione stessa e non di chi, come il sottoscritto, contribuisce alla loro attuazione con un mero supporto tecnico esterno.
Resto quindi sul un piano tecnico nel rispondere alle ultime considerazioni di Campione, che considero significative per molti temi: il dibattito sulla parità scolastica, l’autonomia delle scuole, il ruolo della “istruzione e formazione professionale” nel sistema educativo.

Iniziamo a riportare la proposta del presidente Formigoni dell’albo regionale dei docenti nel suo contesto esatto, che non è quello della discriminazione dei docenti meridionali - la residenza non è infatti condizione per l’iscrizione all’albo - ma quello della piena autonomia scolastica. Come ha ben evidenziato l’articolo di Cominelli, l’albo, a differenza delle graduatorie, porta con sé la conseguenza che siano le scuole a scegliere i docenti. L’accento quindi è da porre sulla parola “albo” e non sulla parola “regionale”.
Sono anni che la Lombardia, in buona compagnia di diverse realtà di ricerca e di rappresentanza professionale, chiede di giungere ad una reale autonomia della scuola statale, perché essa possa configurarsi come comunità professionale con caratteristiche di impresa culturale.
In questa prospettiva la selezione diretta, la titolarità giuridica ed economica del rapporto di lavoro del personale sono aspetti imprescindibili dell’autonomia, così come lo è la piena gestione economica di tutto il bilancio.

Il finanziamento di tale scuola autonoma sarebbe commisurato innanzitutto in rapporto al numero di studenti, al tipo di scuola e alla sua collocazione. Il reclutamento avverrebbe tramite concorso, come d’altronde già oggi avviene per le autonomie locali.
Per raggiungere questi obiettivi una legge regionale è palesemente insufficiente. Vi è in effetti nel Capo III della legge regionale 19 del 6 agosto 2007 la previsione di conferire piena autonomia alla scuola, ma essa si attiverebbe esclusivamente nel caso di trasferimento alla Regione delle istituzioni scolastiche autonome “ai sensi di accordi nazionali per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica al Titolo V della Costituzione”.
A tutt’oggi è quindi necessaria una legge nazionale che modifichi il regolamento dell’autonomia scolastica, lo stato giuridico degli insegnanti, le modalità di reclutamento
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venerdì 30 aprile 2010

“Caro Berlusconi, giù le tasse”

da il FOGLIO QUOTIDIANO 29 aprile 2010 di Claudio Cerasa
«...ora tocca al ministro Tremonti dire se vuole trovare assieme a noi delle buone idee per migliorare il nostro paese»

Caro Berlusconi, giù le tasse”
La spesa pubblica? Da tagliare. Il fisco? Da rivoluzionare. Il federalismo? Da approvare. Il responsabile Economia del Pd presenta tre proposte per firmare con la maggioranza un patto sull’economia
La spesa pubblica da tagliare, il fisco da rivoluzionare e il federalismo da approvare. Eccole le tre proposte choc di politica economica che nei prossimi giorni arriveranno sulla scrivania del segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani. Tre proposte concepite “con l’idea di creare una nuova cultura economica del centrosinistra” e anticipate dal responsabile del settore del Partito democratico, Stefano Fassina, in questa intervista al Foglio. “Per il bene dell’Italia, deve essere responsabilità del maggior partito dell’opposizione uscire fuori dal chiacchiericcio quotidiano della politica inconcludente e prendersi la responsabilità di fare delle proposte alla maggioranza per far funzionare meglio il nostro paese.

In una fase legislativa potenzialmente costruttiva caratterizzata da tre anni senza grandi elezioni, al di là dei preoccupanti scazzi interni alla maggioranza, bisogna avere il coraggio di incalzare quanto più possibile il governo su alcuni temi che per noi sono cruciali. La politica economica, in questo senso, è un terreno sul quale occorre confrontarsi in modo sereno e il prima possibile; ed è proprio per questo che crediamo sia giunto il momento di rompere alcuni tabù della nostra storia e mettere in gioco le nostre idee, anche a costo di scontentare qualcuno”.

Negli ultimi tempi, molti dirigenti del Partito democratico si sono convinti che la scarsa percezione di solidità della leadership di Bersani sia stata legata soprattutto a una difficile gestione della materia principale del bersanismo: ovvero l’economia. I temi economici erano stati gli argomenti attraverso i quali il segretario del Pd aveva promesso, all’inizio del suo mandato, che avrebbe incalzato il più possibile la maggioranza; ma fino a oggi le prove di forza del Pd su questa materia sono state obiettivamente poco incisive. “Abbiamo commesso alcuni errori – riconosce Fassina – e va ammesso che non siamo stati sempre abili a far emergere la nostra identità su temi delicati come quelli economici. Fatta questa riflessione, credo sia arrivato il momento di disegnare e progettare per il nostro partito una nuova cultura economica, capace di essere una sintesi perfetta delle nostre tradizioni e una buona rielaborazione delle esigenze del nostro elettorato. Ebbene, per un paese economicamente e socialmente evoluto come l’Italia, è inutile nascondere che in questo momento, per sostenere la crescita, una rivoluzione fiscale è tra le priorità”.

Fassina ha letto con attenzione la proposta formulata la scorsa settimana su questo giornale dall’Ingegnere Carlo De Benedetti per abbassare le tasse, ed è proprio dalle parole dell’editore del Gruppo Espresso che inizia il ragionamento. “Bisogna smettere di credere che la questione dell’abbassamento delle tasse sia soltanto una fissa degli integralisti del liberismo. Non è così. Conosciamo perfettamente i dati che ci arrivano costantemente dall’Ocse ed è sciocco nascondersi: oggi l’Italia è ai primi posti nel mondo per pressione fiscale e a questo, come notava giustamente De Benedetti, va aggiunto che i lavoratori italiani hanno una delle più pesanti tassazioni europee sulle proprie buste paga. E allora: come si fa a rilanciare la propensione al consumo degli italiani, dando loro la certezza di guadagnare di più, subito e in prospettiva? Abbassando, quanto possibile, le imposte”. Fassina entra nel merito della sua proposta. “La riforma fiscale che abbiamo in mente, e di cui parleremo sia al presidente della Repubblica sia al presidente del Consiglio, deve premiare i produttori, i lavoratori, i professionisti – artigiani e commercianti – e naturalmente gli imprenditori; deve fare in modo di recuperare la progressività, semplificando gli adempimenti (dove per adempimenti si intendono dichiarazioni fiscali e pagamenti delle imposte), ossia rendere meno onerosa per il contribuente la fedeltà fiscale. Si deve dunque spostare il prelievo da chi paga a chi non paga, dai redditi da lavoro e impresa alla rendita e al patrimonio, dalle attività green e sostenibili alle attività black e dannose per l’ambiente.

Piccolo particolare da non sottovalutare: data la nostra condizione di finanza pubblica, e dato lo scenario accidentato che ci ritroviamo di fronte a noi, il vincolo per poter dar vita a questa riforma è la neutralità in termini di indebitamento. In sostanza, il carico fiscale pro capite sul lavoro e sull’impresa – ovvero Irpef, Ires e Irap – deve scendere in relazione all’emersione di basi imponibili, e al contributo di altre fonti di entrata e alla riduzione (e riqualificazione) della spesa pubblica”. Ovvero: “Niente riforma fiscale se non si ridiscute, oltre al recupero di evasione, sul modo in cui viene gestita, e spesso sperperata, la spesa pubblica”. “Il baricentro della riforma – continua Fassina – è la tassazione dei redditi, di tutti i redditi, con un’aliquota di riferimento al 20 per cento. Per quanto riguarda l’imposta sul reddito delle persone fisiche, oggi al 23 per cento, è necessario che la prima aliquota venga immediatamente abbassata di tre punti.

Non solo. Il limite del primo scaglione di importo andrebbe innalzato, e contemporaneamente andrebbero ridisegnati gli scaglioni residui per sostenere i redditi delle classi medie diminuendo il numero delle aliquote: cinque sono davvero troppe. Infine, per semplificare il fisco, e su questo sono d’accordo con il ministro Tremonti, si dovrebbe disboscare la giungla di deduzioni e detrazioni riconducendola a razionalità”. Altro punto della riforma proposta da Fassina: “Per il lavoro femminile e la famiglia, andrebbe invece introdotta una consistente detrazione fiscale ad hoc per il reddito da lavoro delle donne che si trovano in nuclei familiari formati almeno da tre figli minori. Gli assegni familiari e la detrazione per figli a carico andrebbero superati assegnando un bonus famiglia di 3.000 euro all’anno per ogni figlio – a cominciare dalla fascia 0-3 anni – da estendere anche ai lavoratori autonomi e ai professionisti. E proprio ai lavoratori autonomi e professionisti, quelli che si trovano al di sotto dei 70 mila euro di fatturato annui, andrebbe offerta la possibilità di evitare gli studi di settore e scegliere un’imposta sul reddito di cassa, al 20 per cento, che sia sostitutiva di Irpef, dell’Iva, e dell’Irap. Infine, per chiudere il cerchio dell’armonizzazione del prelievo, i redditi da affitto e i redditi da capitale andrebbero sottoposti a imposta del 20 per cento, e il relativo gettito destinato alla fiscalità comunale. La service tax proposta dal ministro Calderoli ha un impatto troppo regressivo”.

Gli studi di settore, come è noto, sono uno strumento introdotto nel 1998 dall’allora ministro delle Finanze Vincenzo Visco. Il loro compito è quello di raccogliere un insieme di dati che caratterizzano l’attività in cui operano le imprese, con l’obiettivo di valutare la capacità reale di produrre reddito. Uno strumento che secondo Fassina – che di Visco è stato collaboratore e che con Visco lavora all’interno della fondazione Nens – oggi “è sinonimo di un’insostenibile carico fiscale e contributivo per una parte consistente della platea di lavoratori autonomi, e di giovani professionisti, e per questo andrebbe rapidamente abolito”. L’aggettivo “insostenibile” Fassina non lo usa in maniera casuale. Il responsabile del settore economico del Partito democratico, infatti, riconosce che, tra i tanti tabù di cui si deve liberare un partito che ambisce a diventare una valida alternativa all’attuale maggioranza, ce n’è uno che riguarda una “drammatica percezione”: quella che il centrosinistra sia il partito delle tasse.

“Sì: il centrodestra fa davvero poco per dimostrare di non essere il partito che aiuta gli evasori – e il caso dei condoni resta a mio avviso una scelta politica che non potrà mai essere apprezzata da un vero partito di centrosinistra – ma dall’altra parte una realtà riformista come la nostra non può dimenticare che la storia dell’Italia dimostra che in molti casi l’evasione fiscale, oltre che patologica, è stata anche condizione di sopravvivenza di una parte consistente del pulviscolo di imprese individuali e delle moltitudini di lavoratori autonomi. Per questo, bollare come ‘ladri’ gli evasori, come fanno invece troppe persone a sinistra, è un’assurda generalizzazione; astrattamente condivisibile, ma sbagliata sul piano etico e perdente sul piano politico: perché mette insieme l’artigiano stressato da quattordici ore di lavoro al giorno, e costretto all’evasione per rimanere – o, almeno, illudersi di essere – nelle ultime file delle classi medie e l’imprenditore con yacht e case per le vacanze sparse per l’Italia che magari evade le tasse solo per profondo egoismo sociale. Parliamoci chiaro – dice Fassina – c’è davvero qualcuno convinto che la spaventosa pressione fiscale che si ha in Italia – con aliquota individuale massima al 43 per cento contro una media del 35,7 per cento nel resto dell’Europa – sia utile alla crescita e al benessere del paese? Sinceramente, io credo di no”.

Dall’altro lato, dice ancora il dirigente romano del Pd, bisogna tentare in tutti i modi di riportare alla normalità europea l’evasione fiscale. “Sì, è questa la vera condizione per la riduzione del prelievo pro capite. Diciamolo in sintesi: potenziamento delle banche dati, tracciabilità dei pagamenti, accesso dell’Agenzia delle entrate alle informazioni bancarie. In più, a mio avviso, andrebbe messa in Costituzione l’impossibilità di fare condoni, o almeno andrebbe prevista una maggioranza qualificata (ad esempio dei due terzi) per attuarli in caso di estrema necessità”.

Fassina torna poi a ragionare su uno dei punti chiave della proposta fatta da De Benedetti su questo giornale. “Ha ragione l’Ingegnere quando dice che ridurre il peso del fisco sul lavoro si deve e si può. Per quanto riguarda le imprese, dalla base imponibile Irap, imposta ingiustamente odiata dai ‘piccoli’ perché grava all’80 per cento sulle società di capitali, come evidenzia un recente studio di Confartigianato, andrebbe eliminato del tutto il costo del lavoro. Inoltre, per favorire l’innovazione, andrebbe cancellato l’oppressivo ‘click day’ (un meccanismo che ponendo un tetto al credito di imposta che di fatto svuota l’incentivo) e ripristinato in pieno il credito di imposta per le spese in ricerca e sviluppo e per gli investimenti nel Mezzogiorno. Aggiungo che nell’attuale emergenza andrebbe sospeso il limite del 30 per cento alla deducibilità Ires degli interessi passivi (interessi che non possono penalizzare un’azienda che in una fase di crisi generale non fa utili). In prospettiva, si potrebbe persino arrivare a eliminare l’imposta sulle società e tassare il reddito esclusivamente in capo ai soci”.

Detto in altre parole, Fassina vuole dire che se una società non ridistribuisce gli utili ma investe nell’azienda quanto guadagnato, ecco, le tasse non le deve pagare. “In più, altro particolare da considerare con attenzione, la detrazione fiscale del 55 per cento, introdotta nel 2006, per le ristrutturazioni edilizie eco-sostenibili andrebbe resa permanente: era una buona idea dell’ultima legge finanziaria ma è stata troppo presto dimenticata”.
Una “cattiva idea” avuta invece dai compagni di partito è, secondo Fassina, la proposta presentata alla Camera da Cesare Damiano la scorsa settimana, quando l’ex ministro del Lavoro, nel corso dei lavori in Aula, ha invocato un’introduzione di un “contributo fiscale di solidarietà” sui redditi superiori a 200 mila euro annui. Motivo? Prolungare da dodici a ventiquattro mesi la cassa integrazione ordinaria. “Non dobbiamo cadere nella trappola del tax and spend – commenta Fassina – del partito che per poter svolgere con correttezza le sue politiche di welfare ricorre alle tasse. Posso dire senza problemi che è stato sbagliato quanto ha fatto il gruppo del Pd alla Camera, proponendo di aumentare le imposte sui redditi più elevati per coprire l’estensione della cassa integrazione. Il bisogno di introdurre altre tasse sinceramente io non lo vedo proprio”.

All’interno della proposta democratica di rivoluzione fiscale, c’è poi un particolare che va tenuto in considerazione dalla maggioranza. Riguarda il federalismo: “Sono convinto – sostiene il responsabile dell’Economia del Pd – che il governo commette un grosso errore quando, portando avanti una poco comprensibile politica dei due tempi, ripete che una riforma fiscale può essere fatta soltanto dopo il federalismo. Non è così. La ruota dei decreti attuativi del federalismo fiscale, lo sappiamo tutti, ha iniziato a girare da mesi: la commissione tecnica presso il ministero dell’Economia e la commissione Bicamerale sono al lavoro su questo terreno da settimane, e il Pd – questo deve essere chiaro – non avrebbe grandi problemi a discutere le proposte portate in commissione sia dalla Lega sia dal Pdl. Ma a condizione che si capisca urgentemente una cosa fondamentale: la rivoluzione fiscale non può che avvenire simultaneamente alla rivoluzione federalista del nostro paese: non si può sfiorare la tassazione territoriale senza una visione generale della riforma complessiva del fisco. Per questo – dice ancora Fassina – è necessario allargare il lavoro della commissione Tecnica e della commissione Bicamerale per affrontare insieme almeno l’impalcatura del disegno fiscale generale. Subito, senza rinviare. Esistono gli spazi istituzionali e le convergenze politiche per arrivare – su un punto cardinale della Costituzione materiale del paese – a soluzioni ampiamente condivise, e sarebbe sciocco buttare questa grande occasione che abbiamo: migliorare la vita dei nostri cittadini”.

Fassina dice di non considerare affatto scontato un dialogo con la maggioranza su un tema delicato come quello del fisco; ma su un altro terreno politico è invece convinto che si possa raggiungere qualche risultato immediato, anche piuttosto in fretta. “In campo europeo, dobbiamo ammetterlo, spesso le iniziative del ministro Tremonti sono largamente condivisibili. Per quanto riguarda il caso Grecia, la posizione del governo italiano è giusta e va sostenuta. E proprio sul terreno della politica europea sono convinto che sia arrivato il momento di aprire con la maggioranza un confronto. L’obiettivo prioritario, verso il quale il Parlamento dovrebbe lavorare unito, è quello di promuovere una governance di politiche comune in Europa. I seicento milioni di euro messi in gioco dalle Casse depositi e prestiti europee con il così detto ‘Fondo Marguerite’ – ottima iniziativa voluta dal ministro Tremonti – sono utili ma sono ancora insufficienti. Dobbiamo lavorare, insieme ai partner comunitari, a un ‘piano europeo per il lavoro’”.
Secondo Fassina, sarebbe poi utile insistere, in sede europea e Ocse, per trovare una soluzione per contrastare il tax dumping. “La competizione fiscale al ribasso praticata da molti paesi europei dell’est è una vera e propria forma di concorrenza sleale per i mercati dell’Unione europea e va risolta.

Credo infine che l’Italia, in stretta relazione con i pochi altri paesi europei consapevoli della necessità di regole globali per evitare serie regressioni protezioniste, dovrebbe premere affinché in ambito europeo, nel G20 e nel Wto si valuti un’ipotesi di border tax adjustment. Ovvero di una tassazione sull’import di prodotti e servizi irrispettosi di standard sociali e ambientali minimali – come capita per esempio con troppi beni provenienti dalla Cina. La nostra disponibilità a discutere di tutto questo c’è: ora tocca al ministro Tremonti dire se vuole trovare assieme a noi delle buone idee per migliorare il nostro paese”.

Il responsabile del settore Economia e Lavoro del Partito democratico si chiama Stefano Fassina, ha quarantaquattro anni, fa parte della segreteria del Pd ed è direttore scientifico dell’associazione Nens. Fassina è uno dei collaboratori più stretti del segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Dal 1996 al 1999 è stato consigliere economico del ministero del Tesoro (ai tempi di Carlo Azeglio Ciampi). Dal 2000 al 2005 ha lavorato a Washington al Fondo monetario internazionale. Dal 2006 al 2008 ha lavorato con Visco al ministero dell’Economia e delle Finanze.

Leggi Caro Tremonti, giù le tasse per favore di Carlo De Benedetti

lunedì 26 aprile 2010

Apriamo gli Stati Generali dell'alternativa

Leonardo Donofrio dello IUniScuoLa condivide l'Idea
«La prima cosa che faremo sara' una legge sul conflitto di interessi»e poi «la proposta dei radicali dell’anagrafe degli eletti, cioe'l’elenco pubblico di redditi e proprieta' di ciascun eletto e di ciascun nominato»
«Ma cos’altro deve succedere perche' tutti i protagonisti dell’alternativa tornino a discutere in un luogo plurale e aperto?» Osservando la devastazione di Pd e Pdl, Nichi Vendola suona la sveglia al centrosinistra: «Dobbiamo convocare al piu' presto gli stati generali dell’alternativa. Aperti a movimenti e associazioni perche' ormai e' chiaro che i partiti da soli non ce la fanno». Pensi che la rottura nel Pdl acceleri la fine della legislatura? Fare previsioni e' difficile. Di certo la frattura nel Pdl e' profonda e non ricomponibile. E’ evidente che esistono due destre. C’e' una destra «americana», liberista ma non liberale in cui Berlusconi e' il garante del carisma populista e la Lega del radicamento territoriale. < Una destra garantista con i «garantiti» e giustizialista con i «giustiziati». E c’e' invece un’altra destra che propone un partito conservatore di tipo europeo. E’ perfino piu' liberista dell’altra: Fini critica da destra il municipalismo della Lega, le pensioni e la privatizzazione dei servizi locali, pero' e'liberale nel senso che almeno rispetta l’habeas corpus, vuole l’inclusione, aspira ai diritti civili e alla laicita' della politica. Tra queste due destre si e' aperta una partita brutale e di lungo periodo.
E il centrosinistra?
Se pensa di schierarsi esclusivamente secondo il dibattito del Pdl fa un suicidio preventivo. Le nostre identita' non possono dipendere dal posizionamento sulla scacchiera del Pdl. Faccio una critica sommessa: ho capito lo scontro che c’e' in quello che fino a ieri era definito il «partito di plastica», ma se dovessi dire invece qual e'stata la contesa nel Pd io non lo saprei dire.
Questi due partiti, Pd e Pdl, sono nati due anni fa con ambizioni enormi: la vocazione maggioritaria di Veltroni e il sogno di Berlusconi di rappresentare il 51% degli italiani. Progetti falliti?
Questo bipolarismo e'il prodotto del velleitarismo del Palazzo. Una camicia di forza che ha provato a imbrigliare la transizione senza indirizzarla verso una democrazia più matura. L’Italia vive da troppo tempo in uno stato di crisi permanente e di paralisi. E il deficit di «alternativita'» del centrosinistra manda in corto circuito tutto il sistema. La rimozione della sconfitta elettorale operata dal Pd e'clamorosa. Tanto clamorosa che sembra perfino che il Pd abbia introiettato la sconfitta come un destino. Ne e'un esempio la formazione delle nuove giunte regionali.
Cioe'?
Sembra che il Pd non abbia piu' il problema di «fare politica» ma sia solo un ceto politico che si arrocca. Ma come, abbiamo discusso per un anno sulla latitudine destra-sinistra delle alleanze e oggi non se ne parla piu'?
La liquefazione dei partiti prelude al «big bang» suggestivo evocato da Bertinotti oppure e'solo normale dialettica?
Non so se prelude a niente. So che l’inadeguatezza di tutto il centrosinistra e'segnalata da due fatti clamorosi: una sconfitta cocente e la rimozione della sconfitta. Insomma, il cantiere non c’e' proprio. Quei problemi «fondativi», di linguaggio e di vocabolario su un’idea di mondo che ho provato a segnalare da una postazione che mi e'preziosa e cara come Sinistra Ecologia Liberta' sono rimasti una traccia. Anche giusta. Ma senza conseguenze significative. Ma perche' il Pd raccoglie le firme per l’acqua pubblica e non aderisce al referendum? Perche' sceglie di stare nella dimensione ideologica e un po' comica per cui l’acqua e' pubblica e la brocca e' privata? Ti cadono le braccia. Come sulla laicitAa'. O si viene chiamati a una crociata contro la Chiesa oppure si fa finta di niente. La politica viene cancellata e diventa solo un posizionamento puramente simbolico. Che non ha mai conseguenze. Ma lo vogliamo capire che ci sono idee, temi e analisi su cui si deve o-s-a-r-e?

Che effetto ti fa essere l’unica persona di sinistra evocata alla direzione del Pdl? E non come il «comunista» Vendola ma il «governatore» Vendola.
E’ molto gratificante. Tremonti non si misura mai sulle cose reali. Il suo disco incantato e'stato respinto dai pugliesi. Proprio il manifesto ha scritto che in tutta Italia il centrosinistra perde 15 punti rispetto alle europee mentre in Puglia ne guadagna 10. La mia vittoria ha trascinato il centrosinistra.
Chissa', magari era un riconoscimento tra due candidati premier alle prossime elezioni?
Questa e' un’estremizzazione e una stilizzazione. Io e Tremonti litighiamo su una cosa di cui non si occupa nessuno e cioe' il gigantesco trasferimento di risorse dal Sud al Nord. L’egemonia leghista ormai e' tanto diffusa che la vulgata secondo cui il Sud vive alle spalle del Nord non viene piu' falsificata nella contesa politica. Neanche quando si basa su dati fasulli. Lo ha ricordato anche Fini: le multe delle quote latte sono state pagate con i soldi del Sud.
Forse Fini lo poteva dire prima. Per te stavolta e' un problema doppio: sei l’unico governatore del Sud e di sinistra che dovra' misurarsi con il federalismo.
Mi divertira' molto vedere i presidenti di Campania e Calabria accorgersi - come ha fatto il presidente della Sicilia Lombardo - del sequestro quotidiano di risorse del Sud operato da questo governo. Si accorgeranno presto che tutti gli ammortizzatori sociali d’Italia e il terremoto in Abruzzo sono stati finanziati con i fondi per il Mezzogiorno.
Secondo Tremonti le «fabbriche di Nichi» sono i tuoi centri sociali...
Tremonti proprio non capisce. Forse perché la cifra dei partiti è la competizione. Nelle «fabbriche» invece si sperimenta la cooperazione e un nuovo civismo: li' il tema e' «che cosa facciamo insieme». Erano 150 dopo le elezioni, oggi sono 230. Sono un punto di contatto tra la Piazza e la Rete che merita un interesse approfondito, se non di Tremonti almeno della sinistra.

C’è però qualche ambiguità sul loro rapporto con Sel...
Per cortesia, le «fabbriche» sono autonome dai partiti e anche da Sel. Ma e' una sciocchezza pensare che io voglia liberarmi di Sel per fare il «partito delle fabbriche». Le fabbriche sono una lievitazione di cose nuove. Sel e' una formazione che vuole essere la coscienza critica del centrosinistra. Dobbiamo renderla piu' solida e piu' organizzata con il congresso di ottobre per rendere piu' autorevole il nostro discorso sull’alternativa al berlusconismo.
La giunta in Puglia e' una sfida su cui sarai subito giudicato.
Spero di presentarla martedi'. Il punto per me piu' significativo e' la parità di genere: 7 assessori uomini, 7 donne. In Puglia le elette sono solo 3. Di sicuro continueremo sulla strada del «riformismo radicale»: difesa dei diritti e dei beni comuni e lotta contro la poverta' come strumento di riforma sociale.

E intanto dovrai governare con il consiglio regionale con piu' imprenditori d’Italia. Come pensi di riuscirci?
La prima cosa che faremo sara' una legge sul conflitto di interessi. E poi ho accolto la proposta dei radicali dell’anagrafe degli eletti, cioe'l’elenco pubblico di redditi e proprieta' di ciascun eletto e di ciascun nominato.
di Matteo Bartocci Ripreso da Sinistra Democratica Sab, 24/04/2010

sabato 24 aprile 2010

25 aprile, viva la Costituzione



Ricordare oggi il 25 Aprile, il giorno più importante della storia repubblicana, significa prima di tutto compiere un dovere civico e morale di altissimo valore, significa stare dalla parte di chi considera la storia patrimonio insuperabile della radici di un popolo, significa combattere per la verità e per la difesa dei principi di fondo della nostra convivenza civile e politica. Viviamo un clima culturale, assistiamo all'emergere di silenzi, zone d'ombra, vuoti, a pentitismi rivolti magari in altre direzioni, ma che sostanzialmente coinvolgono la memoria di quello che è stato l'avvenimento fondamentale nella storia d'Italia.
Ci troviamo davanti all'idea di riformare la Costituzione, alterare l'equilibrio tra i diritti ed i doveri dei cittadini, restringere l'esercizio delle libertà democratiche.
Allora bisogna ricordare, è necessario avere il coraggio di ricordare senza cedere alle mode corrente del revisionismo:alla liberazione dell'Italia dalla dittatura si poté arrivare grazie al sacrificio di tanti giovani, ragazzi e ragazze che, pur appartenendo ad un ampio schieramento politico (c'erano i cattolici, i socialisti, gli azionisti, i militari monarchici, i comunisti. Ma si chiamavano con un solo nome: I Partigiani) combatterono fianco a fianco, con unità d'intenti e d'azione, con un grande traguardo comune: il riscatto dell'Italia invasa ed un diverso avvenire, fatto di giustizia e di eguaglianza
La storia dell'Italia Repubblicana sta scritta per intero su quel monumento che Piero Calamandrei definì “Ora e Sempre Resistenza”.
Sandro Pertini parlò della Resistenza come di un “Secondo Risorgimento, i cui protagonisti, questa volta, furono le masse popolari”.
Pronunciando queste semplici parole non intendiamo certo approfondire la ricostruzione storiografica di quei fatti, ma semplicemente sfatare quella teoria revisionista che, negli ultimi anni, va molto di moda nell'indicare la Resistenza come semplice “Guerra Civile”.
Quelle ragazze e quei ragazzi di sessantacinque anni fa che si erano dati l'appellativo di Partigiani si accinsero, da subito, dal 26 Aprile a ricostruire il proprio Paese.
Genova, soltanto per fare un esempio, fu liberata dal popolo: l'orgoglioso Juncker Prussiano; Meinhold depose la propria spada davanti all'operaio Remo Scappini e subito la Città riprese a funzionare in tutte le sue attività.
Quando gli alleati, tra il il 27 ed il 28 Aprile, risalendo la riviera di Levante arrivarono a Nervi scoprirono, con loro grande stupore, che funzionava già perfino il servizio tranviario.
Eppure pensate ai bombardamenti, alle deportazioni, alle stragi che avevano colpito la nostra terra in quegli anni: ma la volontà di riprendere a vivere era stata troppo forte.
Con la Liberazione dell'intero territorio nazionale dall'invasore nazista e dai mercenari della RSI quelle ragazze e quei ragazzi si accinsero a concorrere alla costruzione della nuova Italia, carichi di tanto impegno, dedizione, speranza.
Guardiamo agli anni che ci separano da quei giorni di lotta e di speranza.
Ci sono state contraddizioni, difficoltà, pagine brutte e belle ma per alcuni decenni possiamo dire che si è trattato di anni d'impegno per la coesistenza pacifica, per il dialogo internazionale, per la ricerca dell'unità europea oltre che di attività solidale verso i movimenti di liberazione nazionale in Africa, Asia, America, Europa.
Sono stati difesi e diffusi gli ideali antifascisti e democratici.
Sono stati anni di forte impegno contro ogni tentativo di sopraffazione mascherata da tentativi golpisti, da azioni terroriste e stragiste, da iniziative finalizzate a colpire e restringere ruolo e funzioni delle istituzioni nate dalla Resistenza e dalla Carta Costituzionale.
Sono stati anni impegnati nella difesa delle culture nazionali nel segno della solidarietà internazionale, contro ogni forma di discriminazione e per l'affermazione dei diritti dell'uomo e di uno sviluppo economico , sociale e culturale , nel rispetto della Giustizia.
Quelle ragazze e quei ragazzi non seppero soltanto respingere l'invasore e cacciare il tiranno.
Una sapienza politica illuminò la Resistenza: quella stessa sapienza politica che fu posta in opera nello scrivere la Costituzione Repubblicana.
L'insegnamento di fondo, che ci deriva dal ricordare quel momento storico deve guidarci anche oggi per mettere in primo piano, fra tutti, la difesa di quei valori, di quelle idee, di quelle prospettive che furono disegnate per il futuro.
Oggi quell'epoca appare terminata e sembra prevalere l'antipolitica del disegno oscuro della sopraffazione democratica, dell'esaltazione delle diseguaglianze sociali, del ritorno allo sfruttamento indiscriminato delle risorse e del lavoro umano.
C'è chi trama per ricacciarci definitivamente all'indietro!
Noi dobbiamo dire : basta!
Basta ad una campagna revisionista della storia, con la quale si vuole ridurre la Resistenza ad un fatto marginale della guerra di Liberazione del Paese dall'occupazione tedesca e contro le formazioni di Mussolini, schierate in appoggio agli occupanti stranieri.
Siamo in presenza di un massiccio tentativo di parificazione dei valori, tra chi ha combattuto per la libertà e l'indipendenza nazionale e coloro che si sono posti al servizio del nazisti, per negare quella libertà.
Si nega o si sottovaluta il sacrificio di 200.000 donne e uomini combattenti del Corpo Volontari della Libertà e nel nuovo Esercito Italiano schierato con gli alleati.
Si nega o si sottovalutano le stragi dei civili, compiute con ferocia dai nazisti e dai fascisti (quanti esempi abbiamo, qui intorno a noi: la Benedicta, il Turchino,Cravasco, Pannesi, tanti altri ( ma potremmo passare ore per elencarne soltanto una parte), con il solo intento di sottolineare fatti di sangue successivi al 25 Aprile e creare così un clima di responsabilità comune, nel quale le differenze si sciolgono e si stemperano e diventa, perciò, impossibile distinguere la figura della vittima da quella del carnefice.
Si vuole cancellare il sacrificio dei nostri compagni assassinati perché lottavano per la libertà di tutti.
Si vuole cancellare la memoria dei giovani massacrati e di quelli deportati nei campi di sterminio e nei lager tedeschi, come accadde a centinaia di migliaia di soldati italiani, sparsi per il mondo e traditi dalla Monarchia e dai Generali: soldati italiani capaci di farsi uccidere, come accadde alla Divisione Acqui a Cefalonia, per riscattare la propria moralità civile, messa in pericolo del folle comportamento degli Alti Comandi, all'8 Settembre.
Si vuole cancellare il ricordo delle donne della Resistenza che, offese, torturate e violentate seppero tacere dinanzi al carnefice.
Si vuole cancellare l'immagine degli operai che bloccarono la macchina bellica nazista, facendo alle volte olocausto della propria vita: pensiamo allo sciopero del 1 Marzo 1944, ai lavoratori dell'Ansaldo e dell'Ilva che lo organizzarono, finiti in massa a Mauthausen, a Gusen ad Ebersee.
Questa fu e rimane la Resistenza italiana con i suoi valori, che nessuna alchimia politica di parte potrà mai cancellare.
Al proposito vorremmo ricordare, ancora, una affermazione di Piero Calamandrei, fatta all'indomani della Liberazione.
In quell'occasione egli disse “Abbiamo ritrovato la Patria”.
Era vero, con la Liberazione ed ancor prima nella Resistenza si ritrovò la Patria, quella vera fatta di valori e di popolo, non di vuote formule retoriche, di inutili galloni, di facce impresentabili con dietro il vuoto di memoria, di cultura, di dignità.
L'Italia si ritrovò, dopo il disastro nazifascista, con gli impiccati di Bassano del Grappa, con le vittime innocenti di Boves, Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, con la capacità delle umili genti dell'Ossola, di Montefiorino, della Valtrebbia di sapersi governare da sole, dentro quel frangente epocale.
L'Italia fu ritrovata da Salvo D'Acquisto, dai Martiri delle Fosse Ardeatine, dai Sette Fratelli Cervi
Ricordiamo oggi uno degli episodi più significativi di quegli anni di ferro e di fuoco.
Rispondiamo così agli ispiratori di questa linea di cancellazione della memoria storica, di dilapidazione del patrimonio prezioso della Resistenza.
Concludiamo, tornando sul tema della memoria e dell'insegnamento ai giovani.
La forza dei nostri valori, la purezza ed il prestigio delle donne e degli uomini che ancora oggi incarnano la verità di quei giorni drammatici e gloriosi, hanno saputo cementare nel tempo, attorno a noi, tra noi, il vero spirito dell'unità nazionale: quello dell'unità antifascista.
Coloro che condividono questi valori debbono rappresentare la coscienza critica di questa nazione: sapendo che nei decenni trascorsi è stato lasciato un segno indelebile nella coscienza popolare, nei giovani , nelle istituzioni.
E' proprio pensando al seme dalla Libertà, della Giustizia, della Fratellanza, gettati in quei terribili inverni tra il 1943 ed il 1945 che possiamo pensare di riprendere il cammino, sconfiggere chi sta spargendo il veleno del ritorno all'autoritarismo, dell'intolleranza, del razzismo.
Rifiutiamo il ritorno all'indietro, rifiutiamo la tentazione di un passato che non deve ritornare !
L'antifascismo rimanga il fondamento storico, culturale, politico, dell'Italia repubblicana.( Franco Astengo)
ripreso da http://www.sinistra-democratica.it/