Le miglia, la guida a destra, una
chiesa nazionale, le guerre contro Napoleone e Hitler... Dalla quotidianità
spicciola alla grande Storia questo è sempre stato un Paese a parte. Per il
Regno Unito la Ue significava solo vantaggi economici, non cessione di
sovranità
Prima di tutto, ricordarsi di
portare l’adattatore. Perché la mini-brexit quotidiana comincia dalle prese di
corrente: che, come tutti sanno, qui si ostinano a mantenere diverse da quelle
europee. Ma non è solo questione di carica del telefonino: sono tutte le
categorie mentali che bisogna riadattare una volta in Gran Bretagna.
Tanto per cominciare, i numeri
sui cartelli stradali non indicano i chilometri bensì le miglia: e bisogna
fare un po’ di calcoli per capire. Scordatevi metri e centimetri: se vi dicono
che uno è alto «sei piede cinque» vuol dire che è a livello di cestista, mentre
un «cinque piede due» è chiaramente un tizio brachilineo. E in cucina son
dolori: mia moglie (inglese) ancora non ha capito cosa sia un
chilo di pasta, lei ragiona solo in libbre e once. Insomma, dalla
quotidianità spicciola alla grande Storia, questo resta un Paese a parte: e a
esaminarlo da vicino si capisce che la Brexit non è una bizzarria, ma qualcosa
iscritta nelle sue radici e nella sua cultura. Ricordo ancora distintamente
quella strana sensazione, più di venticinque anni fa, sbucando per la prima
volta dalla metropolitana a Piccadilly Circus: ero chiaramente finito da
qualche altra parte.
La prima impresa era riuscire a
non farsi mettere sotto attraversando la strada: perché qui guidano
dall’altra parte rispetto a noi (e agli incroci ancora oggi non mi raccapezzo).
Il traffico, poi, restituisce subito un colpo d’occhio inusuale: se in Europa
taxi e autobus più o meno si assomigliano ovunque, qui le strade sono affollate
di quelle ingombranti carrozze nere senza cavalli che chiamano black
cab (i taxi neri) e di palazzine rosse che si muovono su quattro ruote
(gli autobus a due piani).Alzando lo sguardo, il panorama urbano è di nuovo
un unicum. L’architettura londinese è rimasta sostanzialmente quella
vittoriana, con le casette a due piani al posto dei palazzi di appartamenti che
dominano in Europa: e dietro c’è l’immancabile back garden, il giardino
sul retro dove l’inglese ricrea la campagna in città.Anche la folla ha un
aspetto diverso. Soprattutto a Londra, ma anche nelle altre città maggiori,
è un carosello multicolore, un crogiuolo di etnie, un caleidoscopio di abiti di
fogge diverse, dai sari ai turbanti ai niqab. In Gran Bretagna il
17 per cento della popolazione è di colore (e a Londra siamo oltre il 40 per
cento): una società multietnica che per la sua composizione si avvicina più a
quella americana che non al resto d’Europa.
Una mescolanza che produce un
incontro di culture e religioni diverse. Ma a proposito di fede, anche qui
la Gran Bretagna si differenzia dal resto d’Europa: ormai più del 50 per cento
della popolazione è non credente e la Chiesa anglicana è ridotta al rango di
minoranza. Una situazione opposta rispetto a quella che si riscontra in molti
Paesi europei, soprattutto se si pensa a posti come l’Italia o la Polonia. A
Londra il Natale è una festa molto sentita e celebrata: ma è totalmente
secolarizzata, priva di ogni riferimento religioso. E parlando di
religione, è questo il terreno dove si è verificata la prima Brexit. Perché
lo scisma di Enrico VIII è stata la separazione dall’autorità europea
(incarnata dal Papato) e l’affermazione che non vi può essere alcuna istanza
superiore alle leggi britanniche: non Roma, non Bruxelles. È quel principio di
sovranità (che non va confuso col sovranismo) che sta al cuore del sistema
costituzionale britannico.
Da allora le isole al di là della
Manica (altra distinzione, la geografia) hanno avuto una storia diversa
dal Continente. Laddove la Gran Bretagna è stata sempre potenza
ordinante rispetto all’Europa, impegnata a forgiarne gli equilibri, ma non
a farne parte. E mentre sul Continente si succedevano le rivoluzioni, qui
le istituzioni conoscevano una lenta ma costante evoluzione: innovare per
conservare, era il principio di fondo. E niente lo illustra meglio come il
permanere della monarchia.
Una storia che è stata spesso
vissuta in opposizione al Continente: la mitologia nazionale è forgiata
dalle guerre contro Napoleone e contro Hitler. Ogni volta, era
dall’Europa che arrivava la minaccia alla libertà britannica: e lo spirito che
ha animato questa lotta è sintetizzato dalla celebre vignetta della Seconda
Guerra mondiale, quella che raffigura il soldato inglese, in piedi sulle
scogliere di Dover, che scruta gli aerei tedeschi che si avvicinano in cielo ed
esclama «Very well, alone!», molto bene, da soli! A fare compagnia,
semmai, c’erano i Paesi dell’Impero (e oggi del Commonwealth): un
orizzonte che spiega perché ai britannici l’Europa sia sempre andata stretta,
visto che il loro sguardo abbracciava i cinque continenti. Anche adesso gli
inglesi, quando vanno in vacanza in Francia o in Spagna, dicono: andiamo in
Europa. Perché loro mentalmente si collocano da un’altra parte. E così
la loro appartenenza alla Ue si è sempre basata su un equivoco di fondo.
Per gli europei si trattava di un ideale da perseguire, di costruire l’unione
politica, rispetto alla quale la moneta e i commerci erano lo strumento; i
britannici non si sono mai sognati nulla di simile, per loro era un’area di
libero scambio da cui trarre dei vantaggi economici (e guai a parlare di
cessione di sovranità).
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