Ed è esattamente quello che viene da pensare, sfogliando le “Istruzioni operative propedeutiche all’attivazione del processo di recupero crediti autorali” (che il Fatto ha potuto visionare) che la Siae, la Società italiana autori ed editori, detta a migliaia di mandatari ed accertatori incaricati di riscuotere, per proprio conto, in tutta Italia, i diritti d’autore.
Semplice e lineare: un accertatore della Siae entra nel vostro bar il 15 gennaio e sente in sottofondo una canzone appartenente al repertorio tutelato dalla società, a questo punto, se non avete pagato quanto dovreste, sarebbe naturale che vi si chiedesse di pagare il compenso della licenza giornaliera che avreste dovuto richiedere alla Siae più la penale eventualmente dovuta; invece no, secondo le istruzioni dettate dalla Società ai suoi accertatori, questi ultimi possono presumere che voi continuerete a suonare la stessa musica per tutto l’anno e, conseguentemente, addebitarvi il corrispettivo annuale anziché quello giornaliero, oltre ad una salata penale del 30% anch’essa calcolata sul compenso annuale anziché su quello giornaliero. Il risultato è ovvio: anziché il compenso dovutole per l’utilizzo della musica per un giorno soltanto, la Siae incassa quello dovutole per un anno intero.
Listino prezzi Siae alla mano, questo significa che anziché incassare il 2% del compenso annuale – come previsto nelle tabelle – la Siae incassa il 100% ovvero il 98% in più di quanto dovrebbe esserle dovuto. E’ un fiume di denaro con tanti zeri che affluisce nella casse della società indebitamente, facendo leva, esclusivamente, sull’autorità che la Legge attribuisce alla Società italiana autori ed editori in sede di incasso dei diritti d’autore. Esattamente come se il famoso ausiliario del traffico ci chiedesse di pagare il parcheggio per un anno intero, pur avendo accertato, semplicemente, che non lo abbiamo pagato per una sola ora.
Nelle scorse settimane, a seguito della denuncia, da queste stesse colonne, di ulteriori gravi irregolarità da parte degli accertatori ed ispettori Siae sempre in sede di incasso dei diritti d’autore, il Direttore Generale della società scrisse che si trattava di casi isolati nei confronti dei quali si sarebbe prontamente agito e, ad onor del vero, si affrettò poi ad indirizzare all’intera rete una circolare nella quale richiamava tutti all’ordine.
Questa volta, però, è diverso perché a suggerire alla rete dei mandatari ed accertatori di fare i “furbetti” nell’incasso dei diritti d’autore è direttamente il quartier generale della società con una decina di pagine di istruzioni difficilmente equivocabili. E le astuzie, furberie e trucchetti che la Società suggerisce alla sua rete per rendere più redditizia l’attività di raccolta dei diritti d’autore in tutta Italia non finiscono qui.
Quella appena raccontata – che frutta alla Siae milioni di euro, probabilmente non dovutole, in più, ogni anno – tuttavia è tanto grave da richiedere l’immediato intervento delle Istituzioni cui la Legge affida la vigilanza sulla Società italiana autori ed editori perché è inaccettabile che, nel nome della legge e della Repubblica italiana, un ente pubblico affondi le mani nelle tasche di artigiani e piccoli imprenditori italiani, esigendo somme che, in realtà, non gli competono o, almeno, in relazione alle quali non c’è – né può esservi – alcuna prova gli competano. Chi, legittimamente, chiede rispetto per gli altrui diritti d’autore dovrebbe dare il buon esempio ed improntare la propria condotta a regole, prima che giuridicamente, eticamente e moralmente irreprensibili.
Non ci si può fidare di un controllore di Stato che arrotonda i propri conti con trucchi e furberie da mercato delle vacche chiedendo ad artigiani, commercianti ed imprenditori di pagare esosi compensi annuali solo perché hanno acceso la radio per una manciata di ore, in un giorno di festa.
Nota di trasparenza: i fatti esposti nel post sono basati sulla semplice lettura delle istruzioni impartite dalla Siae ai propri accertatori e su numerosi atti di constatazione di presunta violazione e sono, come tali, obiettivi. A fugare ogni dubbio e prevenire ogni contestazione, chiarisco, tuttavia, che assisto professionalmente una società che opera sul medesimo mercato nel quale opera la Siae e che, pertanto, nonostante ogni sforzo, qualche accento potrebbe risultare influenzato da tale circostanza.
Riceviamo e pubblichiamo la seguente replica
Le Feste natalizie si sono serenamente concluse, così come l’anno trascorso: lasciano ricordi piacevoli e meno graditi ma l’auspicio che il nuovo anno sia più propizio. Questo pensiero ci anima nel momento in cui la ripresa delle nostre attività ha raggiunto ormai il culmine nel corso dell’attuale mese di gennaio 2015. Tutti noi avevamo lasciato le polemiche di Scorza ai primi di dicembre, se non ricordo male, e, a dire il vero, ci guardavamo tutti, in questi giorni, con un leggero velo di preoccupazione: perché il Nostro ancora tace? tutto bene? – ci si chiedeva tra noi – la salute? la professione? il futuro da costruire? Giunge ora a rassicurarci l’ennesima divagazione, la quale ci rivela che Scorza ha dedicato queste ultime settimane a raccogliere le forze onde, evidentemente, proseguire nella sua attività saprofitica di “procurato allarme” su questioni del tutto inesistenti ma che riguardano evidentemente un soggetto come la Siae che è comodo attaccare, perché “ci viene a chiedere soldi” e “tanto tutti ne parlano male”. E giù, quindi, gli aggettivi, i superlativi, le iperbole, i paragoni concettualmente verosimili ma non veri e la consueta nota di trasparenza che ai più avveduti comunica la realtà dei fatti.
Per quel che riguarda il merito della questione sollevata (nei cui dettagli rinuncio ad entrare per non cadere nel solito tranello del provocatore, che poi rifinirà per lungo tempo su ogni tipo di risposta), ancora una volta il consueto Scorza va alla ricerca spasmodica di temi, per continuare a lavorare con i suoi clienti. Per far questo sceglie di entrare, ancora una volta, e con il consueto livore, in un’operazione mentale ormai trita e ritrita, quella di paragonare il lavoro della Siae a quello di un esattore fiscale, di un applicatore di contravvenzioni, del meccanico e stolto richiedente di “un fiorino!”, dimentico che la missione della Siae è quella di dare la massima tutela economica consentita dall’ordinamento ad un particolare tipo di lavoratore che è l’autore, ed ogni parallelo con una bieca esattoria di tipo fiscale – è noto ormai anche ai meno avveduti – è soltanto un errore concettuale che da parte di molti detrattori viene sempre più raramente, e sempre in malo modo, esibito.
Caro Scorza, l’anno nuovo è ormai iniziato, facciamo buoni propositi: la prego di scegliere nuovi temi, nuovi argomenti e magari anche nuovi clienti.
di Gaetano Blandini, Direttore Generale Siae
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