sabato 30 settembre 2017

Se Zaia e Maroni provano a fare i catalani


Il 22 ottobre Lombardia e Veneto sono chiamate a un referendum sull'autonomia. Ecco come funziona e qual è la vera posta in gioco
Lombardia e Veneto rischiano di staccarsi dall’Italia, come la Catalogna? La notizia, direbbe Flaiano, è grave ma non seria. A sentire la propaganda leghista (una propaganda dai toni tutto sommato sommessi, non certo gridata, poi spiegheremo perché) e a leggere i quesiti dei referendum per cui i lombardi e i veneti (in tutto 16 milioni) sono chiamati a votare il prossimo 22 ottobre sembrerebbe di stare a un passo dalla separazione, con Milano e Venezia pronte a seguire il destino di Barcellona. La cosa, diciamolo con franchezza, avverrebbe peraltro un po’  a sorpresa, dentro un’Italia in ben altre faccende affaccendate: la crisi economica, la gestione dei flussi migratori, il lavoro, le tasse, la scuola etc. Ed ecco che arriva tra capo e collo un referendum sull’autonomia, nelle due regioni economicamente più forti.
Tranquilli, Gentiloni non manderà forze speciali in Piazza Duomo e in Piazza San Marco per fermare i referendum autonomisti, come ha fatto Rajoy con la Guardia Civil. In realtà il 23 ottobre non cambierà nulla anche se vince il sì. Si tratta infatti di due referendum consultivi. Li hanno indetti due presidenti di Regione leghisti, Roberto Maroni per la Lombardia e Luca Zaia per il Veneto, con il sostegno di tutto il Centrodestra, ma anche il voto decisivo del Movimento Cinque Stelle e perfino numerosi sindaci e amministratori locali del Pd, che pure è il partito di governo, in un ormai non raro caso di mimetizzazione politica. Non è infatti la prima volta che il Pd al Nord fa il verso alla Lega, nel tentativo di fare il pesce in barile.

Il quesito referendario lombardo è meno secco di quello veneto. A leggerlo ci vogliono più di 30 secondi e una certa pazienza: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”. Ma chi andrà a votare saprà già che deve scrivere “sì” per l’autonomia e “no” perché tutto resti come prima. In realtà queste due Regioni potrebbero già intavolare una trattativa con lo Stato sulla base dell’articolo 116 della Costituzione per ottenere più poteri sulle materie di competenza (le cosiddette materie “concorrenti”, sono quelle elencate nell’articolo 117 della Carta italiana: giudici di pace, ambiente, istruzione, finanza pubblica e del sistema tributario ecc.). L’intesa fra Stato Italiano e Regione, se arrivasse, dovrebbe poi essere ratificata con una legge che ha un iter lungo e appositamente “blindato”. Perché nonostante la parola “federalismo” sia stata una parola molto pronunciata e molto in voga nella Seconda Repubblica, nei fatti, se andiamo sotto la superficie dei proclami, lo Stato non ha mai arretrato di un centimetro.
Naturalmente i governatori di Lombardia e Regione contano sul significato “politico” di una vittoria del sì. In pratica si presenterebbero di fronte al Governo per intavolare una trattativa forti del consenso dei lombardi e dei veneti.Quel che conta, per i governatori del Nord, è il quorum ("è arrivato il momento di contarci", ha proclamato ad esempio Zaia). Vi è poi il vecchio trucco che tutti i politici conoscono: quello di attribuirsi i consensi del referendum come se fossero voti al partito (Pannella era uno specialista nell'attribuire al Partito radicale gli esisti del referendum). Dunque l’affluenza sarà determinante. Chi è contro l’autonomia può andare alle urne e votare no, ma forse ha più convenienza a stare a casa per rendere il più possibile insignificante il voto referendario.
 Il problema è che l’Italia ha altri 44 milioni di abitanti, non certo felici di veder andar via le due Regioni più forti economicamente, i cui trasferimenti allo Stato sono maggiori delle tasse che ricevono. Tra l’altro il referendum giunge proprio quando il leader della Lega Nord Salvini dopo Pontida ha abbandonato le rivendicazioni autonomiste e federaliste per lanciare una Lega “blu” nazionalista estesa al Centro e al Nord, il cui collante è costituito non dqall'autonomia ma dalla stop ai flussi immigratori. Come conciliare le rivendicazioni autonomiste della Lega del Nord con le prerogative della potenziale Lega italiana, alleata anche con la destra nazionalista? La politica, si dice, è l'arte della combinazione degli opposti. Ma in questo caso forse qualche problema c'è.




Francesco Anfossi f_anfossi
Lombardia e Veneto 

Ad Avellino Roberto Sommella, esperto di finanza e di politiche europee


Ad Avellino Roberto Sommella, esperto di finanza e di politiche europee
Sabato al Godot Art Bistrot, l’incontro promosso dalla Gioventù federalista europea, «Periferie. Nuova strada verso l’Europa»


Ad Avellino Roberto Sommella, esperto di finanza e di politiche europee

Sabato 30 settembre, alle ore 18, al Godot Art Bistrot in via Mazas ad AvellinoRoberto Sommella, giornalista economico esperto di finanza pubblica e di politiche europee, e Antonio Argenziano, segretario nazionale della Gioventù federalista europea, discutono di «Periferie. Nuova strada verso l’Europa», modera Leonardo Festa. 
Si tratta del primo di una serie di incontri promossi dalla sezione di Avellino della Gioventù federalista europea per tentare di sensibilizzare l’opinione pubblica a tematiche di stringente attualità. «L’intento – sostengono i componenti della Gioventù federalista europea – è quello di coinvolgere i cittadini in dibattitti dal carattere informale e spontaneo durante i quali esprimente il proprio pensiero senza alcuna mediazione.  La politica, soprattutto quella europea, non si può costringere entro i limiti formali dei centri del potere. La politica, quella vera, è discussione e confronto tra gente comune. Mai quanto oggi è presente nella percezione di sé e della propria comunità che hanno i cittadini, la consapevolezza di essere abbandonati dalla politica, dalle Istituzioni, da una classe dirigente esclusivamente autoreferenziale. Abbandonati a se stessi, diseredati, rinchiusi in una periferia fisica ma anche esistenziale. Ecco quindi la necessità di far ripartire il motore del cambiamento proprio da noi. Mai come negli ultimi cinque anni – proseguono – i cittadini chiedono maggiori informazioni e approfondimenti sugli affari europei e mai come ora in Italia si discute il futuro del progetto di integrazione europea». 
Comprendendo l’importanza di questo momento storico, la Gioventù federalista europea lancia una campagna su tutto il territorio nazionale, sfruttando una capillare struttura territoriale con lo scopo di ascoltare i cittadini facendoli riflettere sulle proposte federaliste attraverso un contatto diretto con essi.
Roberto Sommella è giornalista economico esperto di finanza pubblica e di politiche europee. Fondatore de «La Nuova Europa», è stato caposervizio della redazione economica dell'Ansa. Attualmente è direttore delle relazioni esterne Antitrust e opinionista per Corriere della Sera, Messaggero, Milano e Finanza, Unità.Tveuropaquotidiano.it




Antonio Argenziano, segretario nazionale della Gioventù federalista europea, è laureato in Storia, Antropologia e Religioni presso l'Università La Sapienza di Roma. Originario di Avellino, di stanza a Roma dal settembre 2011 entra in contatto con il Movimento federalista europeo nel dicembre 2012, iniziando subito l'attività di militante




Potrebbe interessarti: http://www.avellinotoday.it/economia/incontro-roberto-sommella-gioventu-federalista.html
Seguici su Facebook: https://www.facebook.com/pages/AvellinoToday/639059976225087





Potrebbe interessarti: http://www.avellinotoday.it/economia/incontro-roberto-sommella-gioventu-federalista.html
Seguici su Facebook: https://www.facebook.com/pages/AvellinoToday/639059976225087


“Vogliamo una Repubblica democratica europea”






archivio IUniScuoLa


Sono passati 60 anni dal 25 marzo del 1957, il giorno dei Trattati di Roma che istituirono la Comunità Economica Europea, primo nucleo dell’Unione. E a distanza di 60 anni gli europeisti sono profigura di riferimento delnti a rilanciare – con una grande manifestazione a Roma, il 25 marzo – la prospettiva dell’unità europea dal punto di vista non solo economico ma anche politico. «Vogliamo una Repubblica democratica europea, con un governo indicato dai cittadini, che risponda al Parlamento» sintetizza Antonio Longo, direttore dell’Unità Europea, mensile del Movimento Federalista Europeo, e figura di riferimento dell’MFE in provincia.


«Il 25 marzo sta diventando una data importante nell’agenda politica europea: nel 60esimo anniversario dei Trattati di Roma c’è un movimento che rilancia la necessità di chiarire cosa intende fare l’Europa “da grande”» spiega Longo. «Dopo dieci anni di crisi economica, dopo la Brexit e l’avvio della presidenza Trump, l’Europa è chiamata oggi a dare una nuova risposta politica complessiva: deve avanzare, non rimanere ferma come è avvenuto negli ultimi 10 anni. Avanzare significa fare passi in avanti sulla politica estera, sulla Difesa comune, soprattutto sulle risorse fiscali proprie che sono necessarie per sostenere le politiche. Bene, ora i federalisti vogliono portare in piazza la gente per dire che esiste una opinione pubblica che vuole una Europa più unita e solidale, che presuppone il passaggio a una vera Federazione: dobbiamo andare oltre la sovranità sulla moneta, per condividere lasovranità su politica estera e difesa. Vogliamo mostrare, insomma, che sta nascendo un popolo europeo, anche in contrapposizione ai nazionalismi e ai populismi che vogliono invece erigere i muri e isolare i singoli Paesi. Vogliamo una Repubblica democratica europea, con un governo indicato dai cittadini, che risponda a un Parlamento eletto direttamente dai cittadini».


Longo sottolinea che la risposta deve essere istituzionale (con la piena democratizzazione delle istituzioni europee) ma anche incentrata su politiche ambientali, economiche: «Serve un grande new deal europeo su ambiente e ricerca, per una Europa che guardi al futuro. E insieme a sicurezza e a sviluppo, la terza parola necessaria è democrazia: la democrazia nazionale è oggi insufficiente a rispondere alle sfide di oggi, come risposta serve più democrazia nell’Unione».


Longo sottolinea un dato che è diventato sempre più chiaro: mai come nell’ultimo biennio alla dicotomia classica tra sinistra e destra si è sostituita quella tra europeisti e antieuropeisti. È una contrapposizione che ha visto la seconda componente – i «sovranisti» – divenire più forte e vincente. «Se stiamo al mondo politico è chiara la componente degli oppositori: la Lega Nord, il Movimento 5 Stelle e una parte della destra. Un fronte che risponde a parole d’ordine semplificate e inattuabili, pronunciate forse nella consapevolezza che non si tratti di proposte fattibili ma di strumenti elettorali. A partire dall’uscita dall’Euro: non si può uscire dalla seconda moneta al mondo, per ritrovarsi con una moneta esposta alle oscillazioni».


D’altra parte alla forza e capacità attrattiva delle forze populiste (o più genericamente euroscettiche) fa da contraltare la crisi evidente di molte delle principali forze europeiste di centrosinistra e centrodestra, della tradizione popolare e liberale e di quella socialdemocratica. «Il fronte europeista è oggi incerto: in Italia nel Pd si è ripreso a discutere di Europa, ma credo in modo confuso,anche  positivo che Renzi si sia esposto chiedendo delle primarie per designare il candidato socialista alla Presidenza Commissione Europea. Qualcuno inizia a capire che è ora di investire per creare veri partiti europei».


All’estero si attendono prove elettorali importanti… «Certamente interessante è la situazione della Francia, con un candidato europeista come Macron che cresce nei sondaggi e potrebbe essere lo sfidante di Marine Le Pen. È un dualismo che taglierebbe fuori le categorie di centrosinistra e centrodestra: la partita si giocherebbe per la prima volta tra europeisti e sovranisti, come preconizzava Spinelli nel manifesto Per un’Europa Libera e Unita.  E come è avvenuto anche in Austria, la scelta tra le due opzioni diventa chiara e necessaria: quando si pone la domanda al popolo, la gente accoglie il messaggio, riemerge la voglia di una Europa più forte».


C’è poi il caso della Germania, dove la scelta europeista è meno in discussione, ma in cui l’intera Europa si gioca molto sul piano delle scelte economiche… «Si voterà in autunno. Diventerà interessante una sfida con due campioni europeisti, certamente con scelte diverse dal punto di vista economico e del rigore. Ma se noi europeisti vinciamo nelle elezioni precedente, a que punto quelle tedesche non saranno elezioni drammatiche, ma tra due visioni simili: una più proieattata verso il rilancio, l’altra più orientata al risanamento».


Anche dalla provincia di Varese partiranno pullman diretti a Roma per la giornata del 25 marzo. Qui trovate varie informazioni sull’evento.


di Roberto Morandi roberto.morandi@varesenews