Assentarsi dal lavoro
richiedendo un periodo di aspettativa è un diritto dei lavoratori: normativa,
durata e casi che danno diritto alla retribuzione.
I lavoratori attivi sia nel settore pubblico sia privato hanno
diritto a periodi di assenza dal lavoro che possono dare
diritto o meno alla retribuzione: l’aspettativa può
essere richiesta e concessa in svariati casi, illustrati qui di seguito.
Cariche pubbliche
elettive
L’aspettativa per cariche
pubbliche elettive, non retribuita, richiesta dal lavoratore per
poter svolgere il suo mandato a seguito di un’elezione presso un’assemblea
pubblica, relativa a una delle seguenti cariche: membri del Parlamento
Europeo o Nazionale e delle assemblee regionali, sindaci di comuni, presidenti
di province, di consigli comunali e provinciali, di consigli circoscrizionali
(solo nelle città con più di 500.000 abitanti), assessori, consiglieri
comunali, provinciali, di comunità montane e unioni di comuni.
Per tutta la durata
dell’aspettativa il lavoratore dipendente ha diritto a conservare il posto
di lavoro, ma non riceverà alcuna retribuzione.
Dottorato di ricerca
L’aspettativa per dottorato
di ricerca è un diritto spettante al pubblico dipendente che può
richiederla nel caso in cui venga ammesso a un corso di dottorato presso
un’università. È concessa ai dipendenti pubblici che abbiano già conseguito il
titolo di dottore di ricerca o iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno
accademico, già beneficiari del periodo di assenza per aspettativa.
La durata
dell’aspettativa deve essere pari a quella del corso di dottorato, ma per
poterla concedere occorre l’autorizzazione della Pubblica
Amministrazione presso la quale lavora il dipendente. Per quanto
riguarda la retribuzione si distingue tra:
·
dottorato con borsa: il lavoratore non è retribuito dalla PA di
appartenenza;
·
dottorato senza borsa: l’amministrazione è tenuta a corrispondere la
retribuzione mensile.
Al momento del
conseguimento del dottorato di ricerca, se cessa il rapporto di lavoro con
l’amministrazione per volontà del dipendente nei 2 anni successivi, il
lavoratore deve restituire tutte le retribuzioni percepite durante
l’aspettativa laddove queste fossero rimaste a carico dell’amministrazione.
Avvio attività professionale
Il pubblico dipendente
può chiedere un periodo di aspettativa al fine di avviare un’attività
professionale o imprenditoriale per un periodo
massimo di 12 mesi, anche frazionati. In tal caso è necessaria l’autorizzazione
della Pubblica
Amministrazione di appartenenza. Il lavoratore può svolgere
una seconda attività, in modo continuativo, solo se lavora con un contratto di
lavoro a tempo parziale con orario ridotto in
misura pari o superiore al 50%. Il periodo di aspettativa non è retribuito e
non rileva ai fini della pensione.
Altre tipologie
È possibile ottenere
l’aspettativa anche per:
·
tossicodipendenza: per consentire l’accedere a terapie e riabilitazioni presso il SSN
conservando il posto di lavoro.
·
motivi personali: il lavoratore dipendente assunto con contratto a tempo
indeterminato, per particolari motivi personali e/o familiari, può chiedere
l’aspettativa non retribuita per un massimo di 12 mesi, fruibile anche in
maniera frazionata.
·
formazione: i lavoratori dipendenti sia pubblici che privati, con almeno 5 anni
di anzianità di servizio presso la stessa azienda o PA, possono richiedere
un’aspettativa per la formazione per un periodo non superiore ad 11
mesi, continuativo o frazionato. La formazione è quella finalizzata al
completamento della scuola dell’obbligo, al conseguimento del titolo
di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laureao
alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle proposte o
finanziate dal datore di lavoro. Non è retribuita.
·
ricongiungimento con il coniuge all’estero: il pubblico dipendente il cui coniuge
lavora all’estero, può chiedere di essere collocato in aspettativa se la
pubblica amministrazione non può destinarlo all’estero. Non è retribuita.
·
volontariato: lavoratori, pubblici e privati possono richiedere un periodo di
assenza dal lavoro per prestare soccorso e assistenza in casi di calamità e
catastrofi (da 30 giorni continuativi a 90 giorni all’anno) ovvero per
partecipare ad attività di pianificazione, simulazione di emergenza e formazione
(fino a 30 giorni annui complessivi. È retribuita ma il datore di lavoro
può chiedere il rimborso all’autorità di protezione civile territorialmente
competente entro 2 anni).