Tutela dell’ambiente, inclusione sociale, occupazione, contrasto al degrado
delle città, educazione a nuovi stili di vita, rapporto intergenerazionale. Sono tanti i fattori positivi dell’agricoltura sociale, riconosciuta come
settore particolare da valorizzare con una recente Legge (la n. 141/15 del 18
agosto 2015) e di cui si è parlato oggi in un convegno organizzato dal Forum del Terzo settore dal titolo: “Innovazione sociale
in agricoltura. Percorsi e scenari per un nuovo sviluppo”.
«Siamo in vista di un momento assai importante per il mondo del Terzo
settore, in vista della riforma, - ha detto Pietro Barbieri,
portavoce Forum Nazionale del Terzo Settore - e scorgiamo nell’agricoltura
sociale una grande opportunità di sviluppo, per potenziare l’intero mondo
dell’agricoltura e per uscire da un sistema assistenzialistico del nostro
welfare». «Ma in questo passaggio importante, per lasciare tracce decise e di sistema
l’intero settore dell’agricoltura deve essere in grado di farsi contaminare dal
Terzo settore».
Non mancano, però, le questioni aperte che il Terzo
settore indica a proposito del dettato normativo e dei decreti di attuazione
che dovranno intervenire. Intanto la possibilità di riconoscere la pluralità
delle esperienze createsi in questi ultimi anni. «Dobbiamo evitare – ha detto
Carlo De Angelis coordinatore di una rete di oltre 300 realtà diverse del mondo
dell’agricoltura sociale - che la legge ingabbi questo movimento, e invece
farlo sviluppare riconoscendone le diversità». E poi la questione del vincolo
del 30% del fatturato derivante dalla vendita di prodotti agricoli, al di sotto
del quale la realtà costituitasi non può essere riconosciuta all’interno di
questa normativa. «Ma - si chiede Andrea Fora, coordinatore della Consulta
dell’Economia Civile – Forum Nazionale del Terzo Settore - una cooperativa
sociale (ad esempio) che non arriva a quella percentuale, ma si occupa
prevalentemente di agricoltura con tutti i risvolti sociali che presenta
(lavoro, educazione, inclusione, condivisione) può non essere considerata come
tale?».
Le risposte di governo e legislatore. Per Olivero, pur riconoscendo che il dato meramente economico è spesso
fuorviante rispetto all’attività sociale svolta, di grande valore se si vuole
dare sviluppo all’intero settore dell’agricoltura – «bisognava considerare pure dei
limiti per evitare che un’eccessiva estensione potesse causare quella
indeterminatezza che ha fatto esplodere senza confini altri settori con molti
soggetti che hanno annusato solo l’opportunità di un business. Ora – è vero -
dovremmo trovare un punto di equilibrio. Non sarà facile ma si può fare».
Per questo, ha
annunciato, «abbiamo preferito percorrere prima la strada della costituzione
dell’Osservatorio che la legge prevede entro 120 giorni, con un’ampia
partecipazione ed equilibrio della rappresentanza delle diverse realtà nel
gruppo delle 20 persone che ho già contattato e che tra poche settimane vedrà
il via». Con esso, ha aggiunto Olivero, si ragionerà per stabilire metodi e
criteri per un regolamento che sia in grado di riconoscere e valorizzare la
biodiversità delle realtà esistenti sul territorio». (3,milioni e mezzo di
metri quadri di coltivazione con questi obiettivi, più di 5000 addetti nel
settore dell’agricoltura sociale fra imprenditori e collaboratori). La road map
è stabilita, tempi rapidi sì, ma per il viceministro se si spenderà qualche
giorno in più per fare un lavoro migliore di cui non doversi pentire dopo, non
sarebbe male e si vedranno presto gli effetti.
Inoltre questo settore, ha ammesso il senatore Lepri, relatore a palazzo Madama della legge di riforma del
Terzo settore già approvata alla Camera, manca come settore di utilità sociale nel
disegno di Legge di riforma del Terzo settore in discussione al Senato. Certo
bisogna guardare alla complessità del panorama: «Ci sono esperienze in cui
prevale il sociale sull’agricoltura che rimane uno strumento, e viceversa. Se
l’agricoltura sociale entra nei settori di utilità sociale, l’esperienza
potrebbe beneficiare di tutte le misure che la legge prevede nel campo del
Terzo settore (tipo il 5 per mille). Se poi è capace di produrre almeno il 30
per cento di fatturato può beneficiare anche delle misure di carattere
agricolo». «Ho ancora qualche dubbio – conclude Lepri - ma possiamo considerare
anche questa ipotesi pur mantenendo l’impianto del testo»
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