Tasse sugli immobili triplicate dal 2011 al 2014, crisi compravendite e affitti, Confedilizia: tassare il reddito dell'immobile e i servizi che riceve, non la proprietà.
Fra IMU, TASI, IRPEF, e addizionali i proprietari di immobili nei quattro
anni dal 2011 al 2015 hanno subito un aggravio fiscale a tre cifre, con le
tasse che sono praricamente triplicate, con una serie di effetti negativi che
vanno dal crollo delle compravendite e degli affitti alla crisi di un settore chiave per l’economia, l’edilizia. Ed è proprio l’associazione di settore, Confedilizia, a presentare dati
precisi sul caro tasse relativo agli immobili e proposte per il rilancio del
mercato immobiliare. C’è bisogno, secondo i costruttori, di un’operazione
fiducia, che non si limiti a un restyling fiscale, ma che abbassi le tasse attraverso una profonda revisione del
sistema, ad esempio tassando il reddito che l’immobile produce, non la
proprietà.
Partiamo dai dati: nel 2014 il gettito IMU +
TASI è stato pari a 25 miliardi di euro, che si raffrontano con i 9 miliardi
della “vecchia IMU” nel 2011. Gettito fiscale quasi triplicato. Il salto
maggiore è avvenuto nel 2012, con il passaggio dall’ICI (la vecchia imposta
sugli immobili, che non era dovuta sulla prima casa), all’IMU, l’imposta comunale sugli immobili introdotta dal
Governo Monti: in pratica si è passati dai 9,2 miliardi 20111 a quota 23,8
miliardi.
Ma anche nel corso degli anni 2012-2014, pur fra mille annunci di
eliminazione dell’IMU sulla prima casa, sfociati in numerosi cambiamenti in
corsa delle tasse sugli immobili, l’imposta è aumentata, visto che il gettito
2014 (anno del debutto TASI,
che ha sostituito l’IMU sulla prima casa), pari a 25 miliardi, è stato di oltre
un miliardo superiore a quello del 2012.
Il risultato della crescente pressione fiscale, sottolinea Confedilizia, è
un impatto negativo su diversi comparti dell’edilizia con riflessi anche
sull’intera economia nazionale. Ecco come vengono descritti i principali
effetti negativi:
·
crollo delle compravendite;
·
diminuzione degli interventi sulle singole unità immobiliari per ristrutturazione e arredamento;
·
fallimento di piccole imprese del settore;
·
perdita di centinaia di migliaia di posti di
lavoro in edilizia;
·
crisi delle locazioni e progressiva
riduzione della relativa offerta;
·
caduta dei consumi generata dalla perdita
di valore degli immobili stimata in circa 2mila miliardi.
Sulla base di queste premesse, ecco le proposte di
Confedilizia: ridurre la stretta fiscale sugli immobili, creando un sistema che tassi
esclusivamente il reddito che l’immobile produce e i servizi che riceve, a
beneficio di proprietario e utilizzatore. La proposta si inserisce nel
dibattito sulla Local Tax, che dovrà sostituire l’attuale sistema IMU + TASI +
TARI. In corso, lo ricordiamo, nell’ambito della Riforma Fiscale c’è anche la Riforma del Catasto,
che cambia il sistema delle rendite catastali avvincinando maggiormente i
valori a quelli di mercato.
Ci sono anche esempi di calcolo relativi al caro tasse che hanno subito gli
immobili non abitativi, come quelli delle imprese. Un magazzino o
locale di deposito (categoria C2), con rendita catastale di mille euro, che si
trova a Roma (quindi con aliquota IMU 10,6 per mille e TASI 0,8 per mille),
paga quasi 5mila euro di tasse (fra IMU, TASI, IRPEF e addizionali, bollo e
registro) se lo scaglione di reddito è fino a 15mila euro, e sale sopra i 7mila
euro per uno scaglione di reddito superiore ai 75mila euro. (Fonte: dossier tassazione immobili Confedilizia).
FONTE PMI
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