Perché la Catalogna se ne vuole
andare
Ecco la lunga storia del rapporto tormentato tra
Barcellona e Madrid, tra richieste di
autodeterminazione
e protervia centralista. Fino alla data chiave
del 28
giugno 2010, quando la Corte Costituzionale
annulla
anche lo Statuto di Autonomia. È lo strappo
finale, e
l'esito ultimo è il referendum...
di Giancarlo Pagliarini
In
questi giorni la Catalonia è sulle prime pagine di tutti i giornali. Domenica 1 Ottobre in
Catalonia
è
stata scritta una importantissima pagina di storia. Vediamo come si è arrivati
al referendum,
anche
perché non tutti sanno che “è tutta colpa del 28 Giugno 2010”.
1)
Nel 1931 era stata proclamata la Repubblica Catalana all’interno
della Federazione iberica. Lo
ricordo
perché mi da molto fastidio leggere che i Catalani adesso vogliono la
secessione perché sono
ricchi
e non vogliono mantenere i territori più poveri. È una sciocchezza.
2)
Quella autoproclamazione preoccupò il governo provvisorio della nuova Seconda Repubblica
Spagnola.
Quei signori erano meno (autocensura) di Mariano Rajoy e del re Filippo VI e
mandarono
a Barcellona tre ministri con il compito di trovare una mediazione. Fu così che
nacque la
Generalitat de Catalunya, dotata forme di autonomia
3)
Ometto il resto. Conclusa la Guerra
civile spagnola nel 1939, la dittatura militare
abrogò le
istituzioni
catalane, più di 200 mila andarono in esilio, il Presidente della Catalonia
Lluis Companys
venne
giustiziato, venne perfino vietato
l’uso della lingua catalana eccetera
eccetera. In pratica
da
quel momento in Catalonia dovevi avere il permesso di Madrid anche per
respirare.
4)
Nel Dicembre 1978 si approva la nuova Costituzione e il
regime franchista si converte in una
monarchia
parlamentare. Silvia Ragusa scrive su Linkiesta del 2 Ottobre
2017: “… il primo ottobre
non
ha a che fare solo con un referendum per l’indipendenza: la Catalogna si
ribella contro un partito
popolare
che in quegli anni agglutinava ex dirigenti franchisti,…. In quarant’anni di
democrazia,
nessun
politico, né del partito popolare, né del partito socialista, si è mai
interrogato su alcune
questioni chiave per la democrazia spagnola: indire un referendum che tasti il polso delle
preferenze
attuali tra una monarchia o una repubblica; abbattere el Valle de los Caídos,
dove ancora
oggi
giace preservato il dittatore….”
5)
Lo Statuto di autonomia della
Catalonia è del 1979. Ma non piace ai
Catalani, non è rispettato
dallo
stato centrale e non identifica le caratteristiche e la diversità della Catalonia all’interno
di
una Spagna pluralistica
6)
Elezioni del 2003: l’88% degli eletti nel parlamento della Catalonia sono a
favore di un nuovo
Perché
la Catalogna se ne vuole andare - L'intraprendente | L'intraprendente 06/10/17,
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http://www.lintraprendente.it/2017/10/perche-la-catalogna-se-ne-vuole-andare/
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Statuto
di autonomia che sostituisca quello del 1979. Zapatero si impegna a
supportare il nuovo
Statuto
che la Catalonia dovrà presentare al Parlamento di Madrid per la sua
approvazione.
7)
Settembre 2005. Il parlamento Catalano approva il nuovo Statuto di autonomia con 120 voti a
favore
su 135 e lo presenta a Madrid. Le leggi che tanto piacciono a Mariano Rajoy e
al re prevedono 1)
che
il documento deve essere approvato dal parlamento di Madrid e 2) che dopo dovrà
essere
approvato
dai cittadini catalani con un referendum
8)
Maggio 2006. Le due camere del Parlamento spagnolo approvano il nuovo Statuto
di autonomia
della
Catalonia, dopo averlo significativamente modificato, riducendo le libertà e la dignità della
Catalonia.
9)
Giugno 2006. In Catalonia Zapatero viene criticato per non aver mantenuto le promesse
fatte nel
2003 (vedi il precedente punto 6). Il testo emendato uscito dal Parlamento di
Madrid viene
comunque
approvato dai cittadini col referendum del 18 Giugno 2006. Il re firma il testo
che diventa
una
legge ufficiale dello stato spagnolo. In quel testo la Catalonia è riconosciuta
come una
“nazione” all’interno dello stato spagnolo.
10)
Tutto a posto dunque? Nemmeno per sogno, perché dopo quattro anni, il 28 Giugno
2010, la
corte costituzionale, con una maggioranza di 6 membri contro 4, riscrive 14 articoli
dello Statuto
di
autonomia (approvato 4 anni prima dal Parlamento di Madrid ed approvato dai
cittadini con
referendum!)
e reinterpreta altri 27 articoli. La parola “nazione” viene cancellata. Quello che sta
succedendo
in questi giorni è stato deciso da 10 signori seduti in una stanza con le porte
chiuse:
incredibile! Questo perché Mariano Rajoy (a mio modesto giudizio in pieno
accordo col re)
aveva
cominciato subito, nel 2006, a raccogliere firme e a lavorare perché lo Statuto
di Autonomia
approvato
dal parlamento di Madrid fosse “assassinato”. Ci è riuscito. Ed è riuscito
anche a
quadruplicare il numero degli indipendentisti
Catalani.
11)
Alla “Diada” dell’11 Settembre 2012 più di 1,5 milioni di cittadini
protesta contro la decisione dei
dieci
giudici della corte costituzionale. Come reazione alla assurda decisione di
“uccidere” lo Statuto di
Autonomia
si grida che la Catalonia sarà un prossimo stato membro dell’Unione Europea. Il
governo
di Madrid e il re non fanno una piega, continuano a non capire niente dei
Catalani.
12)
Novembre 2012. Elezioni in Catalonia. 107 membri del Parlamento su 135 , a questo punto ,
anche
sulla base del comportamento di Madrid, sono a favore di un referendum per
l’indipendenza.
13)
Marzo 2013. Il Parlamento Catalano chiede al Presidente Artur Mas di
negoziare col governo di
Madrid
lo svolgimento di un referendum per l’autodeterminazione della Catalonia. Il re
non parla (e
in
Catalonia cominciano a chiamarlo il “desaparecido”) e da Madrid arrivano solo
dei no
14)
Diada dell’11 Settembre 2013: una catena umana di 400 km dal nord al sud della
Catalonia chiede
l’indipendenza.
Da Madrid niente.
15)
Gennaio 2014. Il Parlamento della Catalonia chiede formalmente al governo di
Madrid di
trasferire
a Barcellona i poteri necessari per organizzare un referendum sulla
indipendenza, come
Westminster aveva appena fatto con la Scozia. Questa richiesta formale è stata ormai avanzata
18
volte. Diciotto!
16)
Diada dell’11 Settembre 2014. È la Diada numero 300. Tutto era cominciato nel
1714. I discorsi
ufficiali
si fanno alle 17 e 14 del pomeriggio. Alla
Diada partecipano 1,8 milioni di cittadini. Di tutta
Europa. Con i colori giallo e rosso della magliette si forma a
Barcellona una enorme V , che sta per
“VOTO“. Il
vertice è nella nuova piazza de las Glories e le due gambe sono lungo la
Diagonal e lungo
la
Gran Via. Da Madrid sempre niente.
17)
19 Settembre 2014. A differenza di Londra Madrid continua a non dare il
permesso. Assurdo! E
allora
il Parlamento Catalano decide di “consultare i cittadini”. Il 27 Settembre il
Presidente Artur
Mas
firma il decreto per la consultazione, che avverrà il 9 Novembre
18)
29 Settembre 2014: solo due giorni dopo la firma, ecco che la corte
costituzionale interviene e
sospende temporaneamente anche la consultazione
popolare decisa dal Parlamento
Catalano
19)
4 Ottobre 2014. 920 sindaci, su un totale di 947, vanno a Barcellona e chiedono di
effettuare la
“consultazione
popolare” fissata per il 9 Novembre
20)
14 Ottobre 2014. La corte costituzionale sospende temporaneamente la
“consultazione popolare”?
Va
bene, nessun problema, scatta il piano B. Invece di chiamarla “consultazione
popolare” si decide di
chiamarla
” partecipazione dei cittadini
alle decisioni” , una procedura prevista dallo
Statuto di
Autonomia
, quello decapitato dalla corte costituzionale il 28 Giugno 2010.
21)
4 Novembre 2014. Naturalmente la corte costituzionale sospende anche il
referendum per la
“partecipazione
dei cittadini alle decisioni”. Ma di cosa hanno paura? Perché continuano a impedire
ai cittadini di dire come la pensano?
22)
La corte continua a bloccare tutto? Ma a Madrid non sanno di che pasta sono
fatti i Catalani. In
tempo
reale ecco che molte organizzazioni non governativo
(NGO: non governamental
organizations)
saltano fuori e sono loro che organizzano il referendum
23)
9 Novembre 2014. Si svolge il referendum . Votano più di 2,3 milioni di
cittadini, con questi
risultati:
80,76% vuole l’indipendenza. 4,54% non vuole cambiare niente. 10,07% vuole cambiare
ma
non necessariamente con un processo di indipendenza. Il resto sono schede nulle
24)
12 Novembre 2014. Questa volta Madrid non sta zitta. Rajoy dice che quello del
9 Novembre non
era
stato un voto democratico ma un atto di propaganda politica. Avevano votato in 2,3 milioni ma
questa
non sembra sia una informazione importante.
Perché
la Catalogna se ne vuole andare - L'intraprendente | L'intraprendente 06/10/17,
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http://www.lintraprendente.it/2017/10/perche-la-catalogna-se-ne-vuole-andare/
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25)
21 Novembre 2014. Lo stato spagnolo incrimina
il Presidente Mas , due dei suoi ministri e alcuni
funzionari
perché non hanno bloccato il referendum e per
altri
delitti.
26)
27 Settembre 2015. Si decide di fare nuove elezioni in
Catalonia.
I partiti che dichiarano di volere
l’indipendenza
prendono il 47,8% dei voti, e il 13,1% va a
partiti
a favore del principio di “autodeterminazione”. In
totale
60,9%. Gli “unionisti” con Madrid raccolgono il
39,1%
27)
Marzo 2017. L’ex Presidente Artur Mas viene
formalmente
condannato per il referendum del 9
Novembre
2014. Sono in corso altri 400 processi per gli
stessi
“delitti” : voler far votare i
cittadini e cose
del genere.
28)
22 Maggio 2017. Il Governo della Catalonia ( il
Presidente
Puigdemont, il vice Presidente Junqueras e il
ministro
degli esteri Romeva) va ancora formalmente a
Madrid
a chiedere di poter far parlare i cittadini. Di
poterli
fare votare. Nel giro di 24 ore Rajoy risponde che
non
ci sarà nessun referendum.
29)
9 Giugno 2017. A questo punto Carles Puigdemont, che è il Presidente della
Catalonia dal 10
Gennaio
2016 , annuncia che i cittadini Catalani devono poter votare. Si svolgerà un
Referendum e la
domanda
sarà “Vuoi che la Catalonia diventi
una Repubblica indipendente?”
30)
Il Parlamento della Catalonia approva la legge sul referendum del 1 Ottobre
2017. È la legge
numero
19/2017. Sono 34 articoli. L’articolo 1 fa riferimento ai diritti civili e politici, economici,
sociali e culturali approvati dall’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite il 19
Dicembre
1966.
L’articolo 4 prevede (comma 4) che, se vinceranno i “SI” “dins els dos dies
següents a la
proclamació
dels resultats oficials per la Sindicatura Electoral, celebrarà una sessió
ordinària per
efectuar
la declaració formal de la independència de Catalunya, concretar els seus
efectes i iniciar el
procés
constituent”. Il comma 5 invece prevede nuove elezioni se vinceranno i “NO”.
Sappiamo che
hanno
stravinto i “SI” e quindi probabilmente lunedì il Parlamento proclamerà
formalmente
l’indipendenza
della Catalonia. Vedremo cosa succederà, senza dimenticare la (assurda!)
sentenza
della corte
costituzionale del 28 Giugno 2010